Podcast e fiction: un universo tutto da scoprire

Nei paesi anglosassoni divertono e ingaggiano. Anche in Italia i tempi sono ormai maturi.

Julia Roberts in Homecoming, serie tratta da un podcast Gimlet Media

La comunità italiana di autori e sceneggiatori con un minimo di dimestichezza nei confronti di quello che sta accadendo all’estero in materia di podcast di finzione è in fibrillazione: sono sempre di più i podcast che raccontano storie appassionanti, coinvolgenti e soprattutto ben scritte e interpretate. Una valvola di sfogo, quella dei podcast di racconto, che ha permesso alle menti migliori di esercitarsi, testare le idee in una palestra come quella del sonoro, che permette comunque di immergere gli ascoltatori in universi di finzione con costi di produzione assolutamente accessibili. Se infatti cercare un produttore televisivo o, peggio ancora, cinematografico, è complicato, richiede contatti, pazienza e una serie di fortunate circostanze a contorno per vedere il proprio progetto venire alla luce, con un podcast è tutto più facile. Realizzare un podcast infatti è relativamente semplice e se non c’è un produttore di podcast a portata di mano è anche possibile tentare la strada dell’autoproduzione.

Il trend si è invertito: i podcast di fiction contaminano gli altri media

Abbiamo salutato il progetto del podcast Serial come uno spartiacque, con le sue decine di milioni di download e ascolti in streaming in tutto il mondo. Non c’è autore che non abbia pensato di cimentarsi in realizzazioni simili, anche in Italia. Ad esempio il fortunato progetto prodotto da Repubblica intitolato Veleno, realizzato da Alessia Rafanelli e Pablo Trincia, ha seguito l’esempio con un’inchiesta su un caso di cronaca nera effettivamente accaduto, con momenti di rappresentazione della realtà che ci avvicinano più alla verosimiglianza che alla finzione: prima volta per un podcast italiano, premiata con la scalata di tutte le classifiche di podcast . Poi è arrivato The Habitat di Gimlet Media e tutti ci siamo chiesti se fosse realtà o finzione, con un trattamento originale che mirava a raccogliere suoni e atmosfere di ambienti reali, nei quali gli attori recitavano nello spazio e non nell’atmosfera asettica di uno studio di registrazione. Tutti siamo rimasti di stucco: un podcast di racconto che intercetta uno degli argomenti più attuali, la futura colonizzazione del pianeta Marte, con un prodotto che rappresenta le nostre paure, speranze, ambizioni e… la nostra normalità.

In Italia abbiamo fatto i conti con il nostro inglese, maledicendoci (parla chi scrive) per non avere allenato abbastanza la lingua per poter comprendere i dettagli nascosti, le scelte idiomatiche. Ma il suono, quello sì, potevamo comprenderlo in tutta la sua innovatività. Taglio cinematografico per un podcast realizzato con ispirazione che ci ha riportato immediatamente ai nostri prodotti di cinquanta e più anni fa. Quando le storie si ascoltavano per radio, in orari prestabiliti, e non si chiamavano podcast ma “radiodrammi”.

ll podcast, una questione di linguaggio (più che di tecnica)

Il suono, l’immagine, la parola. Ovunque ci giriamo c’è sempre qualcuno pronto a dirci come si fanno le cose, figuriamoci poi come si fanno i podcast. Il bello della faccenda è che non ci sono più regole. Dimentichiamo allora la retorica narrativa dei radiodrammi ed entriamo in una dimensione del quotidiano che è stata completamente trasformata dalla tecnologia. Ci mandiamo whatsapp vocali, pubblichiamo Instagram stories, abbiamo tra le mani dispositivi facili e veloci e non sarà un caso che Steven Soderbergh ha realizzato un film da 1,5 milioni di dollari girandolo con un iPhone 7s. E allora qual è l’aspetto dirimente tra un buon podcast di finzione e un prodotto da dimenticare? In un universo narrativo di podcast di finzione a contare è il linguaggio, bellezza, parafrasando Humphrey Bogart. .

Stiamo appena entrando in confidenza con l’inglese dei personaggi della finta stazione spaziale che subito dopo esce la serie di podcast più interessante: Homecoming. Sempre di quei fenomeni di Gimlet (ecco perché sono stati acquistati da Spotify per 220 milioni di dollari!).

Homecoming è una serie di podcast scritta da gente di cinema, quello di Serie A, interpretata da attori di Hollywood in odore di Oscar, realizzata grazie a una sceneggiatura di ferro che si articola in tempi e spazi diversi, come nelle migliori serie tv Netflix. E che succede?

Che il podcast scavalla la china, diventa genere di riferimento, linguaggio specialistico, opera d’arte a sé e non frutto di rielaborazione.

Lo spartiacque di Homecoming: quando è il podcast a fare tendenza

La serie di podcast più ascoltata diventa un caso da studiare. Si interessano guru dell’intrattenimento televisivo, ne acquisiscono i diritti, trasformano il progetto in una serie tv per Amazon Prime video. Con Julia Roberts, ci pensate?

Aspetta, ma allora si può fare, ma allora le mie idee possono avere una platea più ampia, non essere tarpate da mediocri produttori in cerca solo di quello che “funziona” che nella maggior parte dei casi significa non rischiare mai, generando altrettanta mediocrità. Quanti autori e sceneggiatori sono chiusi nei loro bilocali, passando nottate scrivendo e giornate facendo un lavoro di passaggio? Date loro un motivo per crederci e genereranno tanta energia sostenibile da far muovere un paese, almeno in Italia. Crediamoci, ragazzi, scriviamo podcast di finzione, ribaltiamo il dogma che quando si parla di storie inventate il podcast diventi il peggiore dei radiodrammi, facciamogliela vedere, cazzo!

Gli Ascoltabili è la piattaforma di podcast italiani che più si distingue per originalità di trattamento. Con La mia storia ha iniziato a muovere le acque della finzione nel podcast grazie a storie autoconsistenti nelle quali un personaggio agita i propri moventi e pulsioni sullo sfondo di eventi realmente accaduti. Ma c’è sempre questo tabù dell’effetto radiodramma, questa paura di sentire cavalieri e “cloppete cloppete” anche i loro cavalli, in un utilizzo degli effetti sonori didascalico e fuori contesto. 

No, il podcast moderno richiede altro. Infatti gli americani, i tedeschi (non è un caso che l’headquarter di Audible sia a Monaco) già ragionano diversamente. Microfoni di presa diretta che raccolgono la prova d’attore in ambienti perfettamente compatibili con le note di sceneggiatura. Non importa se la voce va fuori fuoco, è così anche nella realtà, obiettivo creare un’esperienza d’ascolto il più verosimile possibile per l’ascoltatore di podcast.

Podcast di finzione: e adesso?

Ma sì, prendiamoci anche questa responsabilità, iniziamo a  creare podcast di finzione convincenti, investendo risorse autoriali, attoriali, tecniche, cercando di divertirci soprattutto, credendo in un prodotto in grado di soddisfare noi, perché se ci piace allora sarà più facile che piaccia anche al pubblico. Gli Ascoltabili è pronta a questa sfida con una serie di progetti di podcast già in fase avanzata di realizzazione. Giuseppe Paternò Raddusa è in pole position come showrunner di una serie dedicata a coppie sull’orlo del fallimento, del cambiamento, della risoluzione, in una serie antologica il cui titolo non vi anticipiamo per creare un po’ di suspense. Possiamo solo dirvi che ha la capacità di analizzare ogni modo di essere coppia nel nostro tempo. E ancora prenderà il via una serie di podcast dedicata ai disagi giovanili, con la preziosa consulenza del prof. Furio Ravera, psicologo e psichiatra dalla grande esperienza. Ritornerà Demoni Urbani, la seconda stagione. Ideata da Simone Spoladori, che ne è anche lo showrunner, è il nostro podcast crime per antonomasia, e con tutta probabilità Gli Ascoltabili si apriranno a contaminazioni con altri autori e sceneggiatori con delle idee che meritano di essere realizzate. A proposito, se avete un sogno nel cassetto, forse è arrivato il momento di tirarlo fuori, nel segno dei podcast di qualità.