Futuri communication designer incontrano il podcast

Per il secondo anno il nostro corso di brand storytelling alla Naba è basato su progettare e realizzare un podcast

Il corso di giornalismo 2019/2020 del biennio specialistico di communication design dell’università NABA tenuto da Giacomo Zito e dal team de Gli Ascoltabili, è stato ancora una volta dedicato al podcast, come strumento di comunicazione poliedrico e innovativo. L’anno precedente il campo di indagine è stato lasciato aperto in ambito editoriale, liberando la fantasia degli studenti in progetti di podcast basati sullo storytelling. Quest’anno ci siamo spinti ben oltre, indagando il rapporto che si genera tra questo strumento emergente di comunicazione, il podcast, e le strategie di comunicazione d’impresa. Un constraint che certamente ha complicato le cose agli studenti del biennio specialistico, ma allo stesso tempo che ha rappresentato un laboratorio di ricerca di connessioni tra la strategia d’impresa espressa dai brand e le mille possibilità declinabili attraverso il branded podcast. Se poi consideriamo che le classi del corso universitario sono tre di cui una internazionale, il laboratorio ha assunto caratteri di particolare interesse non solo per il limitato scenario italiano, ma anche per quello di mercati emergenti con i quali le nostre imprese dovranno certamente confrontarsi anche in termini di comunicazione.

Il metodo di indagine parte, come sempre, dall’analisi del contesto di riferimento delle aziende, ottenuta attraverso l’immersione nelle loro realtà, la raccolta di documenti e fatti che hanno contribuito a costituire l’identità della marca e del prodotto/servizio. L’ordinamento di questi elementi narrativi, spesso apparentemente caotici, nel progredire delle aziende nel tempo, è il primo atto narrativo capace di determinare un senso che posizioni il brand nel proprio scenario. Da questa premessa, certamente teorica nella metodologia, ma immediatamente applicabile in qualsiasi situazione, è partito il lavoro di ricerca creativa e progettazione di un branded podcast.

Per i futuri communication designer il campo d’indagine è stato il rapporto tra podcast e brand

Per dei giovani studenti, armati di creatività ed entusiasmo, soprattutto in un challenge giocoso e coinvolgente come l’ideazione e la produzione di un branded podcast, munirsi di un solido impianto metodologico è stato certamente un passaggio difficile e per niente scontato. Il podcast è uno strumento che trova nell’engagement narrativo la propria ragione d’essere. E la connessione tra brand e storytelling avviene su un piano metaforico molto più alto di qualunque altro medium di comunicazione. Non stiamo infatti vendendo prodotti o servizi, bensì, grazie al branded podcast, riusciamo a tessere relazioni profonde e stabili con i pubblici di riferimento con i quali instauriamo rapporti di fiducia che rendono i nostri destinatari a loro volta narratori della nostra storia. Un concetto che, in ambito marketing, può essere assimilato alla condivisione dell’impianto valoriale del brand tanto da trasformare il cliente-utente in brand ambassador al tempo stesso. 

Spostandoci su un altro punto di vista, possiamo vedere il brand come vero e proprio publisher di contenuti di carattere generale, della cui produzione è legittimato in quanto “esperto della materia”. Il podcast, nella strategia di content publishing del brand è al centro del sistema di strumenti attivabili, per diverse ragioni: la crisi dell’articolo da leggere, che non ha più appeal in un universo di media digitali, la flessibilità e agilità dell’ascolto in una quotidianità che ci vede impegnati in diverse attività multitasking…

Nel corso che il team de Gli Ascoltabili ha tenuto sotto la guida di Giacomo Zito, è stata quindi data libertà totale nella scelta dei brand, a patto che la direzione della soluzione prescelta fosse pienamente in linea con lo studio dello stato di realtà e dei valori dello stesso. Indagine che risponde a un set di domande come: qual’è il contesto di riferimento? Quali sono i valori del prodotto-servizio del brand? Come si posiziona il brand nel mercato? Che tipo di impatto sociale  e di relazioni umane genera l’attività economica del brand? Eccetera, eccetera.

Tre classi di cui una internazionale hanno interpretato il genere “branded podcast” con originalità

Compreso che il podcast da progettare e produrre doveva rispondere a una serie stringente di requisiti, ovvero non essere solo fresco e creativamente originale, ma precisamente rispondente a un’ipotetica strategia di branding, gli studenti NABA si sono suddivisi in gruppi, con dei ruoli specifici a livello professionale, occupando tutti i ruoli necessari nella realizzazione di un podcast: dallo strategist, avente il compito di garantire obiettivi di comunciazione dell’Azienda, allo show runner, figura che ha la responsabilità di mantenere l’identità del format in tutte le sue sfumature, dall’art director con il compito di definire la visual identity del format, agli host che dovranno condurlo, fino al sound designer che ha il compito di calare in realtà suoni e musiche che contribuiscono a definire il prodotto. I brand prescelti sono stati di diversa natura: aziende italiane, internazionali, estere con presunti interessi a internazionalizzarsi nel nostro paese, appartenenti a differenti ambiti merceologici, dal food al furniture, dall’entertainment alla moda. Per esempio sono stati scelti brand come Moschino, Ikea, Decathlon, Mutti, Uniqlo, Fashion brand metropolitani, grossi gruppi di home luxury cinesi e piccole label di complementi per la casa. Carattere rilevante di tutti i gruppi, l’elaborazione di concept narrativi che non si rivolgessero esplicitamente al brand, ma ai suoi valori, elevati al rango di ispirazione per altrettante storie rivolte ai pubblici di riferimento, ben segmentati in un documento di progettazione che ha rappresentato l’elemento di valutazione del corso. L’esecuzione poi, è stato il momento di maggiore eccitazione per gli studenti, che si sono ritrovati a realizzare in concreto ciò che hanno ideato. Accolti negli studi de Gli Ascoltabili, i ragazzi della Naba si sono atteggiati a veri e propri producers, supportati dai nostri sound designers. E hanno realizzato la classica “pilota” da sottoporre all’azienda di riferimento – come peraltro avviene nella realtà quotidiana per la divisione “branded podcast” della nostra piattaforma.

L’eccitazione da parte dei giovani neoprofessionisti della comunicazione è stata altissima e una riprova l’avete nell’ascolto di tutte le pilota che Gli Ascoltabili hanno pubblicato in un cofanetto esclusivo dedicato a questo progetto universitario. Scoprirete idee, trattamenti, modalità di racconto nuove, fresche, originali. Molte di loro certamente troppo avanguardiste, ma comunque importanti per generare confronti e nuovi scenari. 

Per noi de Gliascoltabili un momento fondamentale di contaminazione con diverse sensibilità. Un rapporto win-win che ci ha fatto crescere insieme. Per le aziende, difficilmente i progetti arriveranno al tavolo dei brand che sono stati scelti. In fondo l’obiettivo è stato quello di far esercitare gli studenti in ipotesi di lavoro, ma chissà, in futuro sottoporremo questi progetti di ricerca alle varie aziende se non altro per avere un feedback sulla corretta interpretazione del loro posizionamento.

La presa di coscienza che il branded podcast è un nuovo decisivo strumento di comunicazione per le imprese

Un effetto nuovo, che non avremmo certamente sottoscritto all’inzio del corso universitario, è stato il constatare che anche se impostato sul brand, il lavoro di  progettare un podcast è stato ricco dal punto di vista editoriale, a dimostrazione che i contenuti e la marca, se relazionati con onestà intellettuale, trasparenza, e scopo sociale, possono perfettamente convivere insieme in un contesto armonico, nel quale per l’audience è pienamente percepita la differenza tra contenuto di qualità e interesse economico del brand e proprio per questa ragione accettata la proposizione di valore in termini di contenuti che il brand, quale attore sociale nel contesto, può esprimere aggiungendo conoscenza e senso all’interpretazione della realtà. Avviene pertanto uno spostamento di peso nel mondo dell’informazione e della narrazione: l’azienda diventa un soggetto pienamente legittimato a parlare di temi anche dirimenti, divisivi o in ultima istanza di tipo politico, laddove la politica non deve essere intesa come faziosità e perseguimento di interessi particolari, ma – nell’accezione più alta, progetto per il futuro della convivenza civile, progetto di un’idea di sé in rapporto agli altri. In fondo le aziende si confrontano con i mercati, che sono fatti di persone. Esse hanno la necessità di attivare un reciproco riconoscimento. In questo ci sembra che, con la crisi della politica militante, forse le imprese possono intestarsi ruoli sociali di soggetti capaci di interpretare la realtà e offrire, narrando, un senso condiviso. Vi auguriamo buon divertimento ascoltando tutte le pilota dei branded podcast degli studenti Naba, ai quali diamo appuntamento per il prossimo anno con un nuovo coinvolgente progetto formativo.


È il branded podcast, bellezza…

Progettare il post crisi anche nella comunicazione, con uno strumento in più

In queste settimane nelle quali ci sentiamo un po’ inutili nelle nostre case, con la sorpresa di riassaporare tempi che ci ricordano l’infanzia o l’adolescenza, il senso di frustrazione cresce ogni volta che ascoltiamo uno dei leitmotiv dei mezzi di informazione: “nulla sarà più come prima, il sistema economico cambierà, così come cambieranno i nostri comportamenti e le nostre abitudini”. Un assunto tanto efficace nel generare ansia, quanto generico e poco analizzato. Nel nostro piccolo proviamo a dare un contributo, per quanto ne sappiamo. Il fenomeno dei podcast italiani, come nel resto del mondo è letteralmente esploso: chiunque ha riscoperto il piacere di condividere il proprio stato d’animo, le proprie emozioni o il proprio punto di vista su determinati argomenti, attraverso un podcast di qualità. Chi li ascolti, la propria cerchia di relazioni, o un pubblico più vasto, è un tema attualmente di secondaria importanza: il podcast fai da te lenisce più chi lo fa che chi lo ascolta, ma resta un’opportunità in più. Uno strumento che entra appieno nel lessico quotidiano di sessanta milioni di italiani che gustano l’ebbrezza di ricercare contenuti affini alle proprie sensibilità e scelgono il momento nei quali fruirne. Il famoso podcast on demand

Abbiamo spesso trattato delle caratteristiche del podcast come strumento nelle mani delle imprese: si adatta alla manutenzione di relazioni di fiducia, richiede tempo e quindi qualità del contenuto, non deve assolutamente promuovere, pubblicizzare, nel senso più caroselliano del termine, ma informare, approfondire, affondando nei valori comuni le ragioni della condivisione. 

E, ultimo, ma in realtà primo, deve essere animato da una grande potenza di ingaggio narrativo. 

Vi facciamo notare un aspetto curioso: i social hanno influenzato i media tradizionali nel senso della condivisione. La notizia è partecipata, commentata in diretta da tutti i media. Gli influencer ospitano la chat line nelle loro dirette, i tv magazine hanno un giornalista che legge i post del pubblico in diretta e via dicendo.

Il podcast ha caratteristiche molto diverse. Il pubblico commenta il pezzo, l’episodio, da recensore, discute merito, forma, trattamento, come si fa con un film. Nessuno si sognerebbe al cinema (ammesso che vi torneremo, come speriamo) di mandare a lato dello schermo il flow dei commenti tipo: “che scena pietosa”, “che doppiaggio scadente” o “che brutta fotografia”, giusto?

Cosa porta quindi il podcast a manifestarsi come strumento antitetico alle modalità attuali di comunicazione, determinando un al di qua e un al di là nel quale comunicatore e fruitore sono profondamente distinti e legati allo stesso tempo?

La nostra risposta: la qualità. Che non significa serietà, e neppure bellezza della forma. Ma attribuzione di senso, condivisione, autenticità dei contenuti. Benvenuti nel mondo dei branded podcast, care aziende. Siete disponibili a giocare la partita?

La crisi del giornalismo tradizionale determina un profondo cambiamento

Leggiamo con grande interesse e apprensione l’analisi di un giornalista autorevole, Marco Bardazzi, sul futuro della carta stampata.  , che decreta la rapida e definitiva sparizione della stampa propriamente intesa, accelerata da queste settimane di crisi pandemica. Il suo osservatorio di esperto professionista oggi si esprime dall’interno di una delle aziende strategiche più importanti del paese: Eni, della quale Bardazzi è da anni responsabile della comunicazione esterna. Da quando risponde alla sua direzione, Eni si è sempre dedicata a realizzare contenuti giornalistici di grande qualità, in ogni forma possibile: reportage fotografici, articoli, video didattici, e alla fine anche branded podcast, che propongono in chiave sonora i temi di ricerca e le storie della grande azienda e delle sue ricerche, dei quali noi della piattaforma di podcast Gliascoltabili siamo stati e continuiamo ad essere i primi contributor. Il lavoro del team di Bardazzi accoglie giornalisti, ma anche esperti di marketing, e semplici redattori “senza tesserino” che lavorano fianco a fianco, in team, condividendo le regole primarie della comunicazione d’impresa che può essere veicolata attraverso un branded podcast: attribuzione di senso, autenticità, condivisione.

Le regole dell’informazione restano le stesse. Ma la categoria dei giornalisti deve accettare l’apertura a nuovi interpreti

Altra campagna che di questi tempi imperversa sulle reti televisive è quella a favore del giornalismo “serio”nei confronti di quello “fake”. In particolare mi viene in mente la campagna delle reti Mediaset, che si scaglia, come spesso fanno coloro che hanno altri obiettivi per la testa, contro nemici generici, senza puntare il dito contro nessuno in particolare. Il che determina fondamentalmente la creazione di due schieramenti tra i quali imporre la scelta: siete contro il male vero? Anche noi. Quindi: noi verso tutti gli altri. A parte il nostro dissenso verso questa impostazione, come avrete compreso, l’aspetto sociologico che cogliamo è proprio l’attribuzione di dignità verso coloro che attraverso i media digitali stanno occupandosi, volenti o nolenti, di informazione e storytelling. Scusate se ci sentiamo tirati in ballo come produttori di contenuti in formato podcast anche di stampo giornalistico, come il format “sostenibilità for beginners” che per il suo valore viene ribattuto e amplificato persino da testate autorevoli come Lifegate Radio. Il tema è proprio questo e ci viene da riprendere ancora una volta la frase del film “Deadline” con Humphrey Bogart che dichiarava l’ineluttabilità dell’ondata di piena del giornalismo con la frase storica: “È la stampa, bellezza, è la stampa: e tu non ci puoi fare niente”. Bene, cambiamo la parola “stampa” con qualcos’altro. È arrivato il momento, con buona pace delle reti Mediaset, dei giornali, non dei giornalisti dei quali abbiamo bisogno come l’aria, quelli che, alla faccia dei tesserini, fanno informazione basandosi su regole irrinunciabili, è arrivato il momento di far pronunciare a Bogart un’altra frase: “è la libertà della comunicazione digitale, bellezza, che crea una nuova consapevolezza, e tu ci puoi fare qualcosa: tipo metterti a fare un branded podcast!”. Raccolta delle informazioni, verifica, ordinamento dei fatti, messa in trama. È la nostra legge, da sempre. Senza tesserini. Senza ordini che minacciano la radiazione.

Oltre il blogging, oltre la content strategy, il podcast è lo strumento che ha massimizzato le opportunità di condivisione.

Veniamo ora alle imprese. Mi ha sempre colpito, citando per la terza volta Marco Bardazzi, il giornalista che comprende come non sia contrario alla sacerdotalità del mestiere di giornalista, porsi al servizio delle imprese. In passato lo hanno fatto i grandi, giornalisti e scrittori. Umberto Eco, Italo Calvino, Giuseppe Ungaretti, Gio Ponti, Salvatore Quasimodo. La disinvoltura di Bardazzi ne conferma la statura professionale e la lucidità, indipendenza di analisi. Dimostra che saper governare i contenuti, saper dare risposte suffragate da fatti e argomenti solidi, non è un monopolio e può essere oggetto di indagine anche da parte di imprese che fanno cose in nome del profitto. Il tema di fondo è il riconoscimento: il pubblico riconosce un brand come portatore di un valore, decide di acquistarne i prodotti perché ci vede un vantaggio e un valore. Sono entrambi concetti economici, a nostro modo di vedere, si pongono su piani diversi: il vantaggio si ha in relazione a una spesa. Quanto è minore quest’ultima tanto è maggiore il vantaggio. Ma è il valore che ne determina la dimensione. E il valore non si può quantificare con il denaro. Quanto vale la tua comunicazione, azienda? Quanto vale il tuo branded podcast narrativo? Il valore che saprai attribuirgli accrescerà il percepito del tuo brand secondo parametri che non siano economici? Non puoi aspettarti di vuotare i magazzini: il tuo pubblico sarà disponibile a spendere qualche centesimo di euro in più alla pompa (giusto per parlare di Eni) o sullo scaffale (e su quale prodotto metterci sopra vi lasciamo sbizzarrire) nella misura in cui ne riconoscerà il valore e l’affinità al proprio mondo valoriale. 

Noi de Gliascoltabili facciamo branded podcast di valore. Lo facciamo per denaro, certo. Ma sempre fedeli a ciò in cui crediamo. Partire dal documento, verificare i fatti, ordinarli, metterli in trama e dare loro un twist narrativo per creare un branded podcast irresistibile.