Le figure del podcast: lo speaker

C’era una volta… lo speaker

Al tempo di TikTok e YouTube, del lavoro da casa e dell’arte di reinventarsi, sembrerebbe che chiunque possa fare un podcast. E per certi versi forse è così. La verità però è che ci sono alcune figure specifiche dietro la realizzazione di un podcast di qualità: nelle prossime settimane ve ne racconteremo alcune.

Iniziamo oggi con la figura dello speaker. Diverso dal conduttore (di cui parleremo in un altro articolo), lo speaker nel podcast entra in gioco in sostanza quando è prevista una narrazione

Si tratta di una figura che naturalmente non nasce in questo ambito, ma ha invece una storia lunga, che pone le sue radici nel mondo dei programmi radiofonici o della pubblicità radio-televisiva. Ciò significa che uno speaker tendenzialmente nasce come dj o doppiatore. Ovunque sia protagonista un microfono.

Non esiste comunque un percorso preciso e lineare per diventare speaker e tutt’ora difficilmente è ritenuta una professione a sé stante. Se si volesse trovare una definizione univoca di questo ruolo, basterebbe dire che lo speaker è un “professionista della voce”. Un animale da studio di registrazione, un atleta del microfono, un maestro delle corde vocali.

Lo speaker è una persona che ha studiato a fondo la propria voce, che sa decostruirla e reimpostarla per arrivare a sfruttarne al massimo tutte le potenzialità. 

È necessario un attento lavoro di conoscenza di sé e di ascolto della richiesta, per far incontrare le proprie capacità con la sensibilità del committente/pubblico. Dopodiché la performance ideale sarà data da un equilibrio di estetica, ritmo e personalizzazione. 

Ovvero: ok la bella voce, ma bisogna anche saperla usare.

Lo speaker oggi: quali prospettive

Intendiamoci, non è necessario avere uno speaker professionista per fare un podcast di successo. Molto spesso, anzi, è proprio il contrario: i produttori ricorrono a voci “inesperte” perché già conosciute dal pubblico in altri ambiti, o perché spigliate di natura e quindi percepite come autentiche. Soprattutto, come si diceva, non c’è l’ombra di speaker nei podcast non narrativi. Prendiamo ad esempio due nomi-simbolo del podcasting in Italia: Pablo Trincia, giornalista e Alessandro Barbero, professore. Certamente non nascono speaker, eppure non hanno problemi a totalizzare fiumi di download.

Qui a Gli Ascoltabili privilegiamo il podcast narrativo, e abbiamo da sempre un rapporto stretto col mondo dello speakeraggio/doppiaggio. Come non ci stanchiamo mai di sottolineare, l’efficacia di nostri podcast come La mia storia, Scaffali Roversi, Scemi da un matrimonio,Lady Killer e altri dipende anche dal contributo di interpreti professionisti.

Oggi il panorama dei mestieri della voce non è più quello di trent’anni fa, quando tra cinema e televisione le opportunità di lavoro per speaker e doppiatori erano certamente più numerose, varie e di maggiore qualità. Il mondo dei social e le piattaforme streaming spingono sempre più verso una fruizione di contenuti in lingua originale ed è questa la modalità cui è abituato e che ricerca il nuovo pubblico dominante, fatto di millennial e zoomer. 

Qual è quindi il nuovo “habitat” ideale del professionista della voce? Principalmente il mondo dei videogiochi, che rappresenta il più grosso mercato dell’entertainment. Qui ingenti investimenti sono destinati a localizzazione e doppiaggio, in particolare da parte delle più grosse case videoludiche che realizzano giochi di tipologia AAA quali Assassin’s Creed, World of Warcraft, Call of Duty… eccetera. Tuttavia, c’è anche da segnalare che una significativa fetta di mercato è oggi rappresentata da titoli mobile, che invece quasi mai sono tradotti e/o doppiati.

Approdare al podcast: dallo speakeraggio pubblicitario…

E il mondo podcast? Probabilmente è ancora presto per valutare quali prospettive riserva questo ambito per gli speaker, ma il settore – che rappresenta ancora una nicchia – ci offre già interessanti spunti di riflessione.

Recitare davanti a un microfono non è un gioco da ragazzi. Non lo è in generale, e non lo è a maggior ragione per un medium come il podcast che – specialmente in Italia – è ancora tutto da scoprire.

Fermo restando che ogni professionista è a sé e ha il proprio stile, a seconda del settore di provenienza – speakeraggio, recitazione, doppiaggio – sono riscontrabili alcuni punti comuni negli approcci degli interpreti.

Uno speaker pubblicitario è allenato a leggere un copione, magari anche fornitogli all’ultimo minuto. In quanto a estetica e gestione dei tempi, sarà imbattibile. Recitare in un podcast però richiede (anche) altro: una capacità di empatia con il testo, di ricerca della verità interpretativa che ha più a che vedere con il ruolo di attore che non con quello di speaker tradizionale. Chi è abituato a trailer, promo e claim pubblicitari dovrà dunque mettere in conto di spogliarsi degli orpelli propri del mestiere, e “mostrare il fianco” per rendere il contenuto più vicino alla realtà.

…dal doppiaggio…

Un discorso simile vale per i doppiatori.

“Diceva sempre che doppiare gli piaceva, perché ogni giorno potevi diventare qualcun altro: oggi sei Cary Grant, domani Robert De Niro, un giorno sei Al Pacino, quello dopo Tom Cruise! Quel giorno Giacomo era Mr. Quaggott.”

Per fortuna, non tutti gli incarichi di doppiaggio sono come quello di Giacomo Poretti in Chiedimi se sono felice, relegato a “interpretare” i colpi di tosse di una comparsa. Ma è vero che il ruolo di doppiatore (di contenuti audiovisivi) contiene già in sé una sorta di compromesso: devi interpretare il personaggio, ma allo stesso tempo anche l’attore che lo incarna nella versione originale. Il tutto trovando una modalità adeguata al contesto linguistico e culturale del tuo pubblico, che sarà certamente diverso da quello di provenienza. Questa ricerca al cinema e in televisione porta a una recitazione che se risulta vincente nei film e nelle serie tv, non lo è altrettanto nei podcast.

Provate a chiudere gli occhi mentre ascoltate la scena di un film doppiato: noterete che il modo in cui si esprimono i personaggi non rispecchia la realtà di tutti i giorni. Come spettatori ci siamo abituati e anzi, probabilmente rigetteremmo un’interpretazione diversa.

Tuttavia questa modalità riprodotta in un podcast può risultare troppo artificiosa e portare il pubblico a non “credere” a ciò che sta ascoltando. In questo caso, dunque, al doppiatore sarà richiesto un ulteriore “compromesso”: la ricerca di una maggiore autenticità, senza timore di accogliere incertezze e “sporcature”. 

…e dal palcoscenico teatrale

E per quanto riguarda chi proviene dal teatro? Dicevamo più sopra che l’attore ha dalla sua il fatto di essere già abituato a calarsi in una parte, nel senso di studiare la psicologia di un personaggio e trarre dalla propria esperienza personale gli elementi utili a esprimerla in modo credibile (ci perdonerete per la semplificazione della ricerca attoriale, che ovviamente è molto più complessa di così). 

A questo si aggiunge un fenomeno recente, quello che ha visto molti attori e doppiatori conosciuti al grande pubblico cimentarsi nella lettura di audiolibri, soprattutto i grandi classici: pensiamo a nomi come Francesco Pannofino, Fabrizio Gifuni, Paola Cortellesi, Claudio Bisio, Alba Rohrwacher. Un fenomeno alimentato anche dal programma radiofonico Ad alta voce di Rai Radio 3.

L’audiolibro però è un contenuto ancora diverso dal podcast, ha una durata più dilatata, e si presume venga ascoltato “a puntate”. E nell’audiolibro l’attore si sostituisce  di fatto alla voce narrante, andando poi a interpretare – nel caso di un romanzo – ove necessario le esclamazioni dei personaggi protagonisti.

Un podcast richiede all’attore di effettuare quella ricerca interpretative cui è abituato, senza però avere a disposizione i tempi, i confronti e le prove del teatro. Senza contare che nel podcast l’attore deve fare i conti con un “filtro” che si pone tra lui e il personaggio, tra lui e il pubblico: il famigerato microfono, che modifica e amplifica la voce e la mette al centro della scena. Un oggetto così piccolo e banale, che tuttavia a un primo impatto può spaventare anche l’interprete più navigato. 

Accade dunque che nel formato podcast lo speaker pubblicitario e il doppiatore possono imparare qualcosa dall’attore, e viceversa. Alla ricerca di una figura “mitologica” che è ancora da perfezionare e scoprire: lo speaker di podcast.  


Folco Files: tra realtà e fiction, un nuovo modo di concepire l’investigazione

Attenzione attenzione, c’è un nuovo investigatore in città. Oddio, non è proprio un investigatore, e non siamo proprio in città…

Potete trovarlo fuori dal pronto soccorso, con uno svapo in mano, mentre guarda smanioso la sigaretta della signora che fuma accanto a lui. Oppure tra i corridoi degli ospedali italiani, con un caffè in mano e il suo taccuino nell’altra.

È Folco Scuderi, professione Risk Manager. Per capirci, è l’uomo che i direttori sanitari chiamano quando, a causa di un episodio di malasanità, vengono denunciati da un paziente, o da un familiare: suo è il compito di decidere se un caso meriti un risarcimento oppure no. 

Per farlo, Folco si immerge profondamente nelle storie delle persone che ha intorno, tra pazienti incazzati, direttori sanitari spaventati, professionisti sanitari allo stremo.

Ogni caso è diverso, ogni persona ha la sua versione dei fatti: Folco studia, s’impiccia, domanda. La verità non è sempre sotto al naso di tutti, e quando c’è di mezzo la salute, ogni minimo dettaglio può fare la differenza. In ballo non ci sono soltanto risarcimenti, ma la vita, la consapevolezza e la fiducia delle persone, in un sistema che non sempre fa ciò che promette. 

Folco Files racconta in ogni puntata un caso di malasanità, partendo da storie realmente accadute, un po’ Dottor House, un po’ X-Files. 

Un Risk Manager tra i corridoi degli ospedali italiani

L’errore è una componente inevitabile della realtà. Se però a sbagliare è un medico, un infermiere, o un altro professionista sanitario, la posta in gioco si fa molto alta. 

Se eliminare l’errore umano non è immaginabile, ciò non significa che non si possa fare qualcosa in concreto per creare le condizioni ideali che permettano ai nostri specialisti di lavorare nel miglior modo possibile.

Eppure,  i dati parlano chiaro: in Italia ogni anno vengono istruite 300 mila cause contro medici, infermieri, strutture sanitarie pubbliche o private. 

Se un paziente subisce un errore sanitario, che viene definito danno, di una certa gravità, questo può denunciare il medico, o la struttura sanitaria, e richiedere e ottenere un risarcimento danni.

I tipi di errori possono causare lesioni, invalidità o anche la morte del paziente: nel nostro Paese, gli incidenti causati da malasanità riguardano, per il 38,4%, l’attività chirurgica, per il 20,7% gli errori diagnostici, per il 10,8% gli errori terapeutici, per il 6,7% le infezioni.

E questi dati ancora non tengono conto dell’emergenza da Covid-19 che stiamo vivendo in questo momento.

Sbagliano meno di quanto pensate

Verrebbe quasi da puntare il dito su questi professionisti che sembrano sbagliare così tanto, eppure, guardiamo ancora più da vicino i numeri del nostro Paese: ogni mille abitanti, l’Italia ha 3,2 posti letto, contro i 5 di media dell’Unione Europea. Abbiamo 5,8 infermieri, quando in media gli altri paesi ne anno 8,5; l’età media dei nostri medici è di 55 anni, la più alta in tutta Europa.

Numeri che fanno riflettere, e anche un po’ arrabbiare. Quante morti sarebbero evitabili?

Ve lo diciamo noi: 70 ogni 100 mila.

In questa situazione si inserisce Folco, professione Risk Manager.

Il Risk Management è l’insieme di tutte quelle attività che servono a riconoscere, gestire ed evitare il rischio. È un processo complicato, che necessita di professionisti, specie perché in sanità la posta in gioco è alta, anzi, altissima.

Attenzione: le storie che raccontiamo sono ispirate a fatti realmente accaduti

Lo sappiamo, lo sappiamo, i nostri podcast crime vi piacciono molto, anzi, forse sono i vostri preferiti. Vi piace immergervi nel nero della psiche umana, sentire storie di assassini seriali, morti cruente, città insanguinate. Piace anche a noi, non credete!

Tuttavia, stavolta non vi portiamo in tempi lontani, o in piccoli paesi dove un serial killer nascosto nell’ombra è già pronto, con la mannaia in mano, a fare a pezzetti il suo vicino di casa. 

Stavolta vi portiamo in una realtà che è molto, ma molto più sporca di sangue dei luoghi dei delitti che vi abbiamo raccontato finora.

Questo sangue è sparso sui pavimenti delle sale operatorie, sui camici immacolati dei chirurghi, nelle stanze dei pazienti ricoverati, nelle sale parto degli ospedali italiani. Ogni giorno, a ogni ora, in ogni istante.

Folco Files vuole raccontare questo: vuole raccontare del dolore dei coniugi Gasbarri, che si sono visti strappare dalle mani i loro bambini appena nati. Vuole raccontare il dolore di Lucia, che da quando è stata operata all’ipofisi, ha perso la gioia di vivere – e molto, molto di più. O ancora le storie di Alfredo, Irene, Marta, del piccolo Gabriele. Storie tremende, rese ancor più tremende perché partono da casi realmente accaduti, e più tremende ancora perché questi casi sono destinati a ricapitare, se non ci sforziamo di fare qualcosa. 

Il nostro Folco ha un nome e un cognome: Maurizio Trombini

Ci sono voci che non si dimenticano. Possiamo dimenticare un viso, un odore, una percezione. Si dimentica il passo svelto o leggero di una persona, i colpi di tosse, le risate. Ma la voce… la voce rimane.

E scommettiamo che avete riconosciuto subito il nostro Folco?

È Maurizio Trombini, attore, doppiatore e speaker dei più talentosi – e riconoscibili – del nostro Paese. 

Sappiamo che non dovete fare un grande sforzo per ricordare dove lo avete sentito, ma vi diamo qualche input: Maurizio Trombini è il narratore degli sketch di Aldo, Giovanni e Giacomo per RSI, la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, ma è anche la voce di alcuni personaggi dei cartoni animati più famosi con cui i bambini degli anni 90 trascorrevano il pomeriggio, come Dragon Ball Z, i Transformers, One PieceRemì le sue avventure, The Batman e molti, molti altri. 

Ah, quasi ci dimenticavamo: Maurizio Trombini è la voce di Lucignolo, la rubrica di Studio Aperto andata in onda su Italia 1 tra il 2003 e il 2006, e ripresa anni dopo da Enrico Ruggeri e Marco Berry.

Ecco che partiva Smoke on the Water dei Deep Purple, il logo di Italia 1 si divideva in due e appariva “Lucignolo”. Trombini approfondiva, partendo dai testi di Mario Giordano, temi di attualità che coinvolgevano il mondo dei giovani, i loro gusti, le loro manie, i loro eccessi.

Non solo Folco, comunque: intorno a lui gravitano attori, doppiatori e speaker esperti, che prestano la loro voce a personaggi – anzi, persone – che hanno tanto da dire, e che chiedono di essere ascoltate, come Valeria Perdonò, Chiara Leoncini, Maria Ariis, Alex Cendron, Riccardo Buffonini, Dario Sansalone e molti altri. 

Siete pronti ad ascoltare i casi di Folco? 

Folco Files esce con un nuovo episodio ogni giovedì sera, sul nostro sito de Gli Ascoltabili e sulle principali piattaforme di podcast.


Il podcasting in numeri: il caso dell’Italia

Dal nido al cielo: il podcast sta per diventare il medium del futuro?

Il 2020 – ormai lo abbiamo capito – passerà alla storia come l’anno del boom: quello in cui il podcast avrà raggiunto il successo di massa e sarà arrivato praticamente a tutti. La causa principale, certamente, è da individuare nel lockdown seguito alla pandemia da Covid-19. Le grandi crisi come questa – la storia ce lo insegna – hanno la caratteristica di accelerare processi in corso (sia positivi che negativi). In questo caso, ha anticipato il momento della rivoluzione ascoltabile.

D’altronde, che il podcast stia sempre più uscendo dalla nicchia in cui si trova relegato, lo abbiamo già detto in varie occasioni: qui, per esempio, e poi ancora qui e qui. Abbiamo anche visto come gli altri media abbiano ignorato il fenomeno e ora debbano inseguire una rivoluzione di cui non sono stati partecipi. Per fortuna,GliAscoltabili è stato tra i pionieri del podcasting in italiano e oggi è leader nel genere true crime, sia tra i podcast gratuiti che tra quelli a pagamento su Audible.

Ma andiamo con ordine, e poi cerchiamo di capire perché l’audio sta diventando il medium del futuro.

I numeri sull’ascolto dei podcast in Italia ci rivelano un mondo in continuo fermento

Il pubblico dei podcast italiani cresce continuamente da anni, ormai. Nel 2019 ha superato i 12 milioni di ascoltatori. In un primo momento, l’Italia sembrava essere impenetrabile dal fenomeno podcasting. Poi, però, nel 2018 è arrivata a occupare il sesto posto in Europa per percentuale di ascoltatori. Infatti, a partire dalla metà degli anni ’10, gli amanti dei contenuti audio sono costantemente cresciuti. Va segnalato, tuttavia, che, nonostante la crescita imponente, ancora oggi il podcast rimane tutto sommato un prodotto di nicchia tra i vari media.

Secondo i dati del 2020, i podcast sono ascoltati principalmente nel nord-ovest del Paese da persone di età compresa tra i 18 e i 34 anni. Gli ascoltatori maschi, poi, sono leggermente di più delle ascoltatrici.

Escludendo i programmi musicali, le notizie sono la seconda categoria di podcast più popolare, seguita dagli spettacoli di intrattenimento. Gli ascoltatori di sesso femminile riportano un interesse significativo per i podcast su salute e lifestyle (32%), mentre il business ha attirato circa un quarto dei giovani ascoltatori.

Inoltre, la stragrande maggioranza degli utenti si rivolge esclusivamente a contenuti gratuiti: l’85% degli ascoltatori del 2019. Mentre solo il 4% ascolta esclusivamente podcast a pagamento.

Dimmi su quale piattaforma lo ascolti, il podcast, e ti dirò chi sei

Se fossimo Clint Eastwood in un film di Segio Leone, potremmo dire che «il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica, e chi scava». Ma qui non siamo nel Far West – anche se, forse, quella al media sonoro sarà la caccia all’oro dell’immediato futuro – quindi ci limitiamo a dividere gli ascoltatori di podcast in due grandi categorie. Anzi, in tre, ma cominciamo dalle prime due, che riguardano i contenuti gratuiti. Quelli che ascoltano i podcast su Spotify e quelli che li ascoltano su Apple Podcast.

Ecco, in Italia, quelli che li ascoltano su Spotify rappresentano la stragrande maggioranza, più di tutti gli altri messi insieme. Il 62% tra tutti gli utenti. Se poi andiamo a guardare tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni, addirittura la percentuale sale al 73%.

La terza categoria a cui si accennava riguarda chi ascolta i podcast su Audible e quindi chi usufruisce di contenuti a pagamento. In italia, la piattaforma di Amazon si trova al secondo posto, con il 25% degli ascolti. Seguita da Apple Podcast che si trova solo in terza posizione. Infine, soltanto il 10% degli utenti utilizza Soundcloud per ascoltare i podcast.

Da smartphone o da pc

Ormai, a far da padrone nell’ascolto dei podcast è lo smartphone. Gli accessi a Spotify tramite smartphone hanno superato PC e tablet. Solo a maggio 2019, circa 2,1 milioni di utenti hanno utilizzato Spotify sui propri telefoni cellulari ogni giorno, mentre l’audience media giornaliera su PC è stata di 41,2 mila utenti unici. Nel 2018, oltre due milioni di persone che hanno utilizzato Spotify sui propri dispositivi mobili avevano un’età compresa tra i 18 e i 24 anni, mentre i 25-34enni ammontavano a 1,7 milioni. Gli utenti con più di 35 anni hanno raggiunto i quattro milioni nello stesso periodo.

I contenuti podcast più ascoltati in italia riguardano soprattutto notizie, attualità, storia. Nella top 10 di ottobre dei podcast più ascoltati, 5 programmi riguardano le notizie, 2 la società e la cultura, 1 la storia, 1 la mitologia e 1 la musica. Il podcast ad argomento storico, in realtà riguarda delle conferenze del noto divulgatore Alessandro Barbero trasformate in contenuto audio.

Se guardiamo alle posizioni comprese tra la 11 e la 20, la situazione diventa più variegata: abbiamo ancora 3 show dedicati alle notizie, 1 al business, 1 alla musica, 1 alla scuola (si tratta di contenuti educativi per studenti), 1 alla scienza, 1 alla tecnologia, 1 ancora alla storia e ancora condotto da Alessandro Barbero. Tra quelli di news, in 11esima posizione compare il Global News Podcast della BBC in lingua inglese.

Se ci concentriamo sui dati Audible, la più importante piattaforma di contenuti audio a pagamento, le tipologie di podcast sono un po’ differenti. A giugno 2020, quindi poco dopo il lockdown, podcast più ascoltati di sempre risultavano essere:

  1. Listen and Learn, di John Peter Sloan (educazione)
  2. La Piena, di Matteo Caccia (true-crime)
  3. Grandi menti a confronto, di Piergiorgio Odifreddi (divulgazione scientifica)

Mentre i podcast più ascoltati durante il lockdown risultavano essere:

  1. Buio, di Pablo Trincia e Luca Micheli (true-crime)
  2. Auris, di Sebastian Fitzek, letto da Adriano Giannini (crime)
  3. Le parole giuste, di Paolo Borzacchiello (crescita personale)

Tra i podcast che Audible segnala come tra i più ascoltati negli ultimi mesi, figurano ancora quelli di Alessandro Barbero, di Piergiorgio Odifreddi e Alberto Angela: tutti a tre a tema divulgativo e con al centro la storia o la storia della scienza.

Molto atteso su Audible, e al momento molto popolare, è anche il podcast di Roberto Saviano, Le mani sul mondo, legato ai temi tipici dello scrittore e giornalista campano.

Possiamo vedere come il genere true-crime abbia tendenzialmente un successo notevole. Tra i pionieri, in Italia, c’è sicuramente la serie Demoni urbani, sviluppata da GliAscoltabili, che ha superato il milione di download e si mantiene, ormai da anni, costantemente nella classifica dei podcast più ascoltati. Sempre GliAscoltabili, poi, propone da poco su Audible (quindi su una piattaforma a pagamento) la serie Lady killer, ancora true crime, anche questa di enorme successo; a conferma di come il genere stia segnando, insieme all’informazione, il mondo del podcasting.

L’indentikit dell’ascoltatore di podcast italiano

Se volessimo utilizzare i dati appena utilizzati più qualcun altro in nostro possesso, potremmo tracciare un identikit molto preciso degliascoltatori di podcast. Nella maggior parte dei casi, si tratta di maschi, bianchi, benestanti, giovani e istruiti. Fruiscono degli spettacoli soprattutto a casa o in macchina e principalmente attraverso lo smartphone. In genere non aumentano la velocità di riproduzione, quindi danno attenzione anche agli aspetti musicale e di sound design. In quanto a piattaforme, l’ascoltatore medio italiano predilige Spotify. In genere, poi, gli utenti ascoltano i vari episodi tenendo una “regolarità mensile” e non “settimanale”. Sono attivi su almeno un social. Hanno Netflix o Amazon Prime Video. Guardano poco la tv (e dunque la pubblicità su questo mezzo). Leggono, però, libri, riviste e quotidiani (specie in digitale) e sono più propensi ad acquistare un altoparlante intelligente come Amazon Alexa o Google Home. Sono interessati soprattutto all’attualità e all’informazione, ma apprezzano molto anche la divulgazione culturale. Non disdegnano la narrazione purché sia legata a fatti reali e soprattutto al crimine (l’incredibile successo del genere true-crime è esemplare). Predilige i contenuti gratuiti ma spesso è abbonato a Audible e, dunque, conosce anche il mondo degli audiolibri. Non si limita all’ascolto dei podcast ma cerca espansioni e approfondimenti altrove sugli stessi temi a cui è interessato.