Massimo Picozzi racconta Il Mostro

Gli Ascoltabili per Audible, una produzione esclusiva sul primo serial killer italiano: il Mostro di Firenze

Prendete la vicenda delittuosa più popolare della storia d’Italia, uno stimato criminologo, un colosso dei contenuti audio e la piattaforma di podcast di qualità creatrice di uno dei podcast crime più amati degli ultimi anni

Il risultato che otterrete sarà Il Mostro, la nuova produzione realizzata da Gli Ascoltabili per Audible, disponibile per l’ascolto su audible.it.

Si tratta della terza collaborazione tra i due player, dopo il fictional Agatha Christie Scomparsa – da poco sbarcato anche sul mercato francese – e la serie crime al femminile Lady Killer.

Oggetto della serie, com’è facile intuire, la storia del Mostro di Firenze: una vicenda di cronaca nera che conta ben 16 omicidi, avvenuti in provincia di Firenze tra il 1968 e il 1985, e dagli sviluppi giudiziari ancora più lunghi e complessi.

Voce narrante del podcast l’attore fiorentino Massimo Alì, che di episodio in episodio ripercorre tutte le fasi dei crimini avvenuti quando lui era adolescente. Per farlo, si reca sui luoghi che di quei crimini sono stati testimoni, viaggia sulle tracce dei delitti, ascolta i ricordi della gente comune. Alla riscoperta dei fatti e dei loro protagonisti più o meno conosciuti.

A intervallare il suo racconto, il commento da esperto di Massimo Picozzi, psichiatra e criminologo che ha seguito alcuni tra i principali casi di cronaca nera degli ultimi anni, e vanta una lunga collaborazione editoriale con Carlo Lucarelli. Forte della sua esperienza nel settore, Picozzi traccia una profilazione criminale del maniaco.

L’alternarsi di fiction e analisi scientifica costruisce un podcast di qualità in grado di snodarsi su più livelli. Il Mostro è inchiesta, legal thriller, detective story e racconto di costume.

I delitti del Mostro, una storia italiana ancora attuale

Chi è il Mostro di Firenze? Nelle campagne toscane, un serial killer assale e distrugge la vita di diverse coppiette appartate in auto, scatenando interrogativi e terrore. Si tratta di un mostro in solitaria? O dietro si nasconde una regia precisa, che schiera in campo diverse pedine?

Dai tribunali alle pagine di giornale, dal chiacchiericcio da bar ai referti ufficiali, la sanguinosa epopea del Mostro di Firenze ha accompagnato l’Italia dal 1968 per quasi vent’anni. 

Nel suo complesso, è una storia dai tratti misteriosi e raccapriccianti, che mette a nudo le contraddizioni e gli orrori di un Paese che cambia volto. 

Con il Mostro di Firenze, le famiglie italiane scoprono la vita sessuale dei propri figli poco più che adolescenti, le tecniche di profiling sperimentate oltreoceano approdano anche da noi, le aule di tribunale sono sotto i riflettori, così come i vizi segreti e le paure inconfessate di buona parte della popolazione. 

A un certo punto della vicenda, il terrore diffuso genera anche uno spot televisivo/manifesto dal titolo “Occhio, ragazzi!”, finalizzato a mettere in guardia le giovani coppie dal frequentare zone isolate, per non incappare nel temibile killer.

Gli omicidi del Mostro si distinguono non solo per il numero, ma anche per l’efferatezza che mostrano, che scatena il panico anche al di fuori dell’Italia. Ai processi partecipa addirittura lo scrittore americano Thomas Harris, “padre” del personaggio di Hannibal Lecter. E a creare l’identikit dell’assassino contribuisce il profiler John E. Douglas, su cui in tempi recenti è stata incentrata la serie Mindhunter.

Tutt’ora questo capitolo nerissimo della nostra cronaca presenta molti punti interrogativi che non trovano risposta. Sarà per questo, o per l’urgenza di esorcizzare un trauma mai superato, che negli anni la vicenda del Mostro ha generato un interesse spropositato, animando blog, forum, discussioni, canali YouTube, che anche a distanza di decenni propongono nuove angolazioni e interpretazioni dei fatti.

C’è ad esempio il sito che propone i profili dei personaggi coinvolti e la trascrizione di gran parte delle deposizioni dei processi, o il blogger che ricostruisce le dinamiche degli omicidi nel dettaglio, inscenandoli in prima persona.

Un podcast tra ricostruzione scientifica e narrazione

La serie crime Il Mostro è introdotta oggi dal sito web dedicato www.ilmostrodifirenze.it e si articola in dieci puntate da 50 minuti:

  1. L’ultimo delitto
  2. Il delitto del 1974
  3. Il primo delitto del 1981
  4. Il secondo delitto del 1981 
  5. Il delitto del 1982
  6. Il delitto del 1968
  7. Il delitto del 1983
  8. Il delitto del 1984
  9. Caccia ai compagni di merende
  10. 10.Una storia di tutti

Evitando di seguire un andamento cronologico lineare, il podcast italiano Il Mostro si apre con il racconto dell’ultimo delitto del killer. Avviene a Scopeti, in una calda notte del settembre 1985. Vittime una coppia di turisti francesi – Nadine Mauriot e Jean Michel-Kraveichvili trovati morti presso un’auto in campagna, come tutti gli altri che li hanno preceduti. 

Da qui, il racconto prosegue a ritroso nel tempo, finché all’altezza del 1982 non si arresta per l’emergere della famosa “pista sarda”. Ovvero quella che, per la prima volta, portò gli inquirenti a collegare il “killer delle coppiette” – così era conosciuto in un primo momento – a un misterioso duplice omicidio avvenuto nel 1968. La cronaca si completa con gli ultimi casi, arrivando all’arresto di Pietro Pacciani, identificato come responsabile di gran parte dei delitti, morto prematuramente nel 1998.

Nel corso del processo a Pacciani si coniò il termine “compagni di merende”, per identificare alcune conoscenze dell’accusato – nello specifico, Mario Vanni e Giancarlo Lotti – che lo affiancavano in attività non ben identificate e che poi sono stati in parte condannati insieme a lui.

Le puntate del podcast sono state scritte da Lorenzo Pedrazzi, Giuseppe Paternò Raddusa e Maria Triberti. La produzione è stata gestita da Giacomo Zito e Ilaria Villani.

A ricreare le giuste atmosfere per i fatti narrati contribuiscono inoltre le musiche originali del collettivo Operà Music, realizzate appositamente per il progetto.

Non vi resta che immergervi nel podcast: potete farlo passando da qui o da qui.


Su Netflix, Apple e il mondo podcast

Netflix punta – anche – sui podcast: si testa la modalità “solo audio”

Alla presentazione dei Golden Globes 2020, Ricky Gervais presentava, ad uno ad uno, i celeberrimi attori presenti, in una delle sue performance più memorabili. Tra una battuta assolutamente scorretta e l’altra, Gervais diceva, testualmente: 

«No one cares about movies anymore. No one goes to cinema, no one really watches network TV. Everyone is watching Netflix. This show should just be me coming out, going, “Well done Netflix. You win everything. Good night.”» (trad: A nessuno importa più dei film. Nessuno va al cinema, nessuno guarda davvero la TV generalista. Tutti guardano Netflix. In questo show dovrei esserci solo io che esco e dico “Ben fatto, Netflix. Vinci tutto tu. Buona notte”)

E si trattava di tempi non sospetti, prima ancora dei vari lockdown per la pandemia che, neanche a dirlo, hanno contribuito all’aumento delle iscrizioni alla piattaforma.

Netflix ha sbancato in ogni ambito, ha una quotazione in borsa da capogiro, con un fatturato che supera i venti miliardi di dollari, e contenuti originali di grande successo (si pensi a serie come La regina degli scacchi, o film come L’incredibile storia dell’isola delle rose)… e non finisce qui. 

Sì, perché pare che il colosso californiano si stia aprendo sempre più anche al mondo dei podcast

Negli ultimi tempi, infatti, dalla app della piattaforma è possibile impostare la fruizione dei contenuti nella sola modalità audio. Basta cliccare sul tasto “Video Off” in cima al player, oppure abilitare la modalità “Audio Only” dalle impostazioni generali. 

Si tratta per il momento di un semplice aggiornamento lato server (disponibile solo per Android), ma può essere visto come una sperimentazione ispirata dal crescente interesse verso i contenuti audio, come podcast e audiolibri.

Un’ulteriore prova, insomma, del fatto che la produzione di podcast di qualità è un trend che non passa inosservato!

I podcast originali di Netflix

La modalità solo audio di Netflix consente di seguire le serie o i film preferiti risparmiando dati, batteria e concentrandosi sul potere della voce o del suono. In effetti, alcuni contenuti in particolare (come gli show di stand-up comedy) possono anche essere seguiti senza immagini, ma si potrebbe obiettare che la fruizione audio di contenuti pensati per il video sarà sempre una fruizione “parziale”.

Vale comunque come “prova generale” da parte di Netflix prima di scegliere se approdare verso la produzione di podcast vera e propria.

In realtà, però, il Re Mida dello streaming di podcast già ne produce, anche se non se ne parla molto. Al momento esistono quasi solo per il mercato statunitense, ma sono in costante crescita (22 mentre scriviamo questo articolo): riguardano tutti le produzioni a marchio Netflix, o la vita in azienda. Quest’ultimo caso ad esempio è quello di We Are Netflix, con il Senior Software Engineer Lyle Troxell che intervista altri dipendenti sul loro lavoro e i valori dell’azienda.

Altri come The Call Sheet, Watching With o Behind the Scenes, sono invece conversazioni con celebrità o persone della produzione, sui dietro le quinte dei vari show.

Interessante il titolo You can’t make this up, dove l’autrice e conduttrice di genere crime Rebecca Lavoie esplora le storie vere che si trovano dietro i più amati contenuti thriller e gialli del marchio.

O Because I watched: racconti di persone reali da tutto il mondo, su come alcune serie o film (rigorosamente Netflix) hanno cambiato la loro vita.

In tutti i casi si tratta naturalmente di branded podcast, curati dalla divisione marketing per attirare o tener vivo l’interesse del pubblico verso i contenuti della piattaforma. Difatti, con il branded podcast un’azienda può creare un legame di fiducia con il suo utente medio, raccontando storie che comunichino i valori su cui l’azienda stessa si fonda (e in cui l’utente può riconoscersi). A proposito, conoscete i branded podcast realizzati da Gli Ascoltabili?

Apple pronta a lanciare la “Netflix dei podcast”?

Se davvero Netflix stesse pensando di ampliare il suo dominio anche verso il meraviglioso mondo dei podcast, forse dovrebbe guardarsi le spalle. 

Secondo le ultime indiscrezioni dei media americani, sembra infatti che Apple stia pensando di lanciare un nuovo servizio di abbonamento a pagamento per ascoltare podcast

Pare che il brand della mela stia incontrando società di produzione del settore per valutare il “grande salto”, ma al momento non c’è nulla di concreto. Come Netflix, probabilmente sta tastando il terreno per verificare che quello dei contenuti audio sia effettivamente un trend da cavalcare con prospettive a lungo termine. 

D’altronde, già nel 2019 Apple meditava di comprare serie podcast originali per averne l’esclusiva, e a fine 2020 ha partecipato alla corsa per l’acquisizione della nota compagnia di podcast indipendenti Wondery (poi andata ad Amazon).

Anche nel caso di Apple, comunque, esistono già dei podcast originali. Attualmente, il brand realizza per lo più podcast di natura “corporate”, che mirano a diffondere news aziendali: si tratta dei titoli Apple Keynote, Apple Quarterly Earnings Calls (sugli andamenti trimestrali) e Events at the Apple Store

Unica eccezione – per il momento – è costituita dal talk lanciato a giugno 2020 The Zane Lowe Interview Series: in ogni episodio del podcast, il dj di Apple Music Zane Lowe coinvolge un musicista/cantante famoso in una conversazione intima sulla sua vita e le sue canzoni. Tra gli artisti intervistati, figurano celebrità come Miley Cyrus, Eminem, Paul McCartney, Mariah Carey e i Foo Fighters.

Che dopo il lancio di Apple TV+, Apple stia pensando a una sorta di “Apple Podcasts+”? Per il momento, l’esperienza di The Zane Lowe Interview Series è ancora un caso isolato. Come si dice, chi vivrà vedrà!

Intanto, noi continuiamo a goderci l’ascolto dei migliori podcast italiani su tutte le principali piattaforme di streaming audio: naturalmente, sempre con un “orecchio di riguardo” per i mitici podcast de Gli Ascoltabili! Da Demoni Urbani a Sostenibilità for Beginners, da Folco Files a Delitti&Roversi, da La mia storia a Gli adolescenti si fanno male… dal 2018, Gli Ascoltabili produce podcast gratuiti per tutti i gusti e le occasioni. Li conoscete tutti?


Podcast e scuola: un binomio vincente?

No, non stiamo parlando del self-learning

Di podcast per imparare, online, se ne trovano tanti. Podcast motivazionali, ad esempio, di quelli per la crescita personale. Ci sono, poi, tantissimi podcast per apprendere l’inglese o un’altra lingua, o per fare trading . O addirittura per fare i podcast! Ma quanti ce ne sono pensati per la scuola? Pochissimi, in Italia, o forse nessuno che nasca veramente come tale. Perché? Qui a Cast Edutainment e a Gli Ascoltabili stiamo analizzando il fenomeno. Se volete darci una mano, rispondete a questo sondaggio e magari fatelo circolare:

Occhio alle orecchie: abbiamo qualche dato parziale

Intanto, abbiamo già qualche dato parziale che ci permette di trarre qualche spunto di riflessione.

Il 2020 annus horribilis ma anche annus mirabilis della rivoluzione ascoltabile

Cominciamo col dire – anche se ormai sembra quasi un esercizio retorico – che il lockdown ha segnato uno spartiacque fondamentale: ha creato un prima, in cui i podcast erano conosciuti solo da una nicchia di appassionati, e un poi, in cui più o meno tutti (a prescindere che siano ascoltatori abituali di podcast o meno) sanno cosa sia lo strumento e magari saprebbero anche dove trovarlo. Ma di questo avevamo già ampiamente parlato qui.

Studenti all’avanguardia e insegnanti in retroguardia. O forse no?

Sappiamo, poi, che il medium è più conosciuto e apprezzato dagli studenti che dagli insegnanti. È vero: non ci meravigliamo più di tanto. Va fatta, tuttavia, una considerazione. È probabile che a falsare questo dato sia la presenza di insegnanti over 40 e over 50, fascia anagrafica che, come ci mostrano già altri dati, è ancora resistente alla penetrazione dei podcast. In realtà, considerando questi dati parziali, sembrerebbe che l’ascolto di podcast tra gli insegnanti di età compresa tra i 25 e i 40 anni sia ben più frequente che tra gli studenti delle scuole superiori. Anche se c’è un dato curioso: questi stessi insegnanti usano molto di più i podcast per formarsi, studiare, aggiornarsi che non per insegnare. Eppure sembrerebbe che tutti dispongano di attrezzature sufficienti, a scuola come a casa, per poter far ascoltare dei podcast ai propri studenti. D’altronde, questi stessi insegnanti assegnano un punteggio più alto ai podcast come strumento di apprendimento che ai podcast come strumento di insegnamento. Perché? Probabilmente – ma qui, per ora, siamo nel campo delle pure ipotesi – permane una visione per cui il podcasting serve per il self-learning, non per accompagnare, approfondire o completare una lezione.

Tanti esempi di podcast didattici

Certo – si potrebbe obiettare – se non ci sono podcast pensati appositamente per le scuola come si può pensare che gli insegnanti li usino per insegnare? In realtà il discorso è più complesso. Ed è più complesso perché di podcast pieni di materiali di approfondimento, nelle più svariate discipline, ce ne sono tanti. Pensate solo agli, ormai incensatissimi, podcast di storia di Alessandro Barbero. Oppure – perché no? – alla nostra serie Gli adolescenti si fanno male. Qui di seguito, per esempio, trovate una puntata con la quale si può affrontare in classe un importantissimo tema di attualità: il coming out.

Esempi di podcast didattici ce ne sono numerosi. Certo, il mondo anglosassone ci offre un panorama ben più variegato e intrigante. Guardate qui, per esempio: trovate numerosi materiali divisi per livello scolastico e ricchi di paratesti. Oppure qui: cinquanta podcast solo per gli studenti delle scuole superiori. E poi ancora qui: i più svariati canali che possono usare gli studenti per ripassare, studiare, approfondire.

I podcast, la scuola e il futuro

Insomma, il mondo editoriale didattico italiano, come spesso accade in questi ambiti, ha ancora numerosi passi in avanti da fare. D’altra parte il 2020 potrebbe essere stato il terremoto che ha scosso anche il panorama dei podcast scolastici. Staremo a vedere. Intanto riflettiamo ancora su un punto. Perché si dovrebbero usare i podcast a scuola? Non si rischia di entusiasmarsi un po’ troppo per il mezzo senza, poi, effettivamente pensare al fine? Decisamente no. I podcast possono essere persino più utili dei video documentari o animati che si usano già da tempo. È vero: dal nostro sondaggio emerge che, secondo l’opinione di studenti e insegnanti, le cose stanno nei termini contrari. Ma ci sentiamo di poter sostenere questa tesi senza timore. Volete sapere perché?

In primo luogo, per quello che abbiamo già detto in più occasioni: l’audio è il mezzo del futuro. Il mezzo per la trasmissione di informazioni, naturalmente. Il podcast è un medium estremamente flessibile e versatile, che consente di diffondere contenuti di alta o altissima qualità con costi decisamente contenuti. Almeno rispetto al video. Provate a dare un’occhiata ai video didattici su YouTube, per esempio. A parte alcuni fatti molto bene e pieni di informazioni dettagliate fornite in maniera ingaggiante, tantissimi sono raffazzonati, noiosi e privi di un pensiero di edutainment alla base. Il podcasting, invece, permette ad aziende editoriali e media house, senza spingere agli estremi il rapporto costi-benefici, di ingaggiare autori e attori per produrre podcast didattici dall’alto valore formativo.

Sappiamo bene, in secondo luogo, come la generazione z (o dei post millenials, o Gen Z, iGen, Post-Millennials, Centennials, Zoomer, Plural: insomma, chiamatela come diavolo volete) sia abituata a livelli di attenzione continuata molto contenuti. Qui e qui potete trarre, dalle parole di uno Psicologo dei consumi, anche qualche informazione neuroscientifica sull’argomento. Quindi, venendo al sodo e senza tergiversare, potete rendervi conto come dare a un podcast – cioè uno strumento che non richiede un’attenzione esclusiva – a uno studente abituato a fare più cose contemporaneamente può essere il mezzo più efficace per traghettare informazioni verso il suo cervello. Informazioni difficilmente traghettatili in altro modo. Credete davvero che, nel tempo libero, quel ragazzo si metta davvero a guardare un video didattico di venti minuti su YouTube? Difficile.

E poi, in terzo luogo, volete sapere un altra cosa? Non diffondete troppo la voce, però. Si può anche fare didattica creando un podcast. Cioè con alcuni strumenti che le scuole possono permettersi o – meglio – creando una convenzione con qualche azienda editoriale, si possono creare degli oggetti audio insieme agli studenti che, oltre a permettere l’apprendimento durante la realizzazione, possono diventare uno strumento di studio e ripasso molto ingaggiante in vista di verifiche ed esposizioni orali.

Insomma, per concludere, podcast e scuola sono un binomio vincente? Certamente sì. Mettendo in campo competenze e strategie adeguate e avendo ben in mente qual è l’obiettivo.


Il podcasting in numeri: l’Europa e l’estero

Covid-19, lockdown, pandemic fatigue… perché il 2020 è stato l’anno dei podcast?

Il 2020 è stato un anno batosta per tutti. L’emergenza coronavirus ha messo in crisi interi settori, non ultimo quello dell’intrattenimento e dello spettacolo. Infiniti gli eventi cancellati, rimandati, mandati in streaming. Tuttavia, per ogni concerto saltato, da qualche parte, nel mondo, è nato un nuovo podcaster.

I dati cantano chiaro: il 2020 è stato l’anno dei podcast. La Ipsos, una delle più importanti multinazionali di ricerche di mercato, ha pubblicato la sua digital audio survey focalizzata sui podcast in Italia e ha mostrato come, rispetto all’anno scorso, nel nostro Paese gli ascoltatori di podcast sono cresciuti del 4%. Vi sembra poco? Correte a dare un’occhiata qui!

Una vera e propria rivoluzione, come ben sanno i nostri fedeli lettori che non si sono persi i nostri articoli, in particolare questo, che deve molto anche ai recenti lockdown.

Abbiamo trascorso parecchio tempo a casa, noi come gli altri paesi europei e non. Come se non bastasse l’essere vittime di una pandemia globale, stiamo combattendo contro nemici invisibili, subdoli, che raccolgono la loro forza nel fatto che si nega la loro stessa esistenza. Un esempio tra tutti? La pandemic fatigue.

La pandemic fatigue – lo ha spiegato qui uno dei più importanti professori e medici italiani – è la risposta mentale alle situazioni associate alla pandemia che stiamo vivendo.

Le sensazioni siamo certi che le conoscete bene: noia, rabbia, paura, appiattimento emozionale, stanchezza fisica, difficoltà a mantenere la concentrazione e, soprattutto, affaticamento mentale.

Questo è dovuto principalmente perché, a differenza della prima ondata, nella quale avevamo accumulato risorse per rispondere allo stress, questa nuova ondata ci ritrova con le “pile scariche”, senza energia e motivazione – complice il fatto che non vediamo, per ora, la fine di questo tunnel.

Come combattere la pandemic fatigue? Con poche, semplici, ma importantissime mosse: ritagliandosi del tempo per fare ciò che ci piace di più, in compagnia e in solitudine.

Come ascoltare i nostri podcast preferiti, per esempio…

Chi ascolta maggiormente i podcast all’estero? And the winner is… South Corea!

Bando alle ciance, dopo la classifica del podcaster medio italiano, che potete leggere in questo articolo, è bene ricordarci che non siamo gli unici ascoltatori di podcast al mondo – anche se, minimo, siamo i più stilosi.

Nell’ultimo mese ci siamo piazzati comunque molto bene: siamo al sesto posto (sesto, ragazzi, pazzesco) dei maggiori ascoltatori di podcast a livello MON-DIA-LE, poco sotto gli Stati uniti, la Svezia, l’Irlanda, la Spagna, e la Corea del Sud.

Attualmente, i podcast attivi raggiungibili tramite Apple Podcast sono 1,5 milioni circa, mentre gli episodi sono poco più di 37 milioni.

Negli ultimi tre mesi sono stati aggiunti 280 mila podcast, di cui solo 3,7 mila nelle ultime 24 ore. Ogni mese vengono aggiunti circa 90 mila podcast mentre ne vengono rimossi 13 mila. Le lingue in cui si trovano podcast sono cento, anche se la maggior parte sono, come si potrebbe bene immaginare, in inglese.

Tuttavia, quando parliamo di piano internazionale, per avere dei dati indicativi, bisogna fare riferimento agli USA, vero punto di riferimento per il mondo podcast e luogo in cui si anticipano le tendenze che poi si diffondono altrove. La situazione qui è molto, molto interessante.

In America oltre il 75% della popolazione ha familiarità con il mondo dei podcast…. E dici poco?

I dati, negli States, parlano chiaro, anzi, chiarissimo. Ad avere una qualche familiarità con i podcast è circa il 75% della popolazione, in crescita rispetto al 70% del 2019. Il 55% (circa 155 milioni di persone), poi, ne ha ascoltato almeno uno – in crescita rispetto al 51% del 2019. Il 37% (circa 104 milioni) ha ascoltato almeno un podcast nell’ultimo mese – in crescita rispetto al 32% del 2019. Inoltre, il 24% (circa 68 milioni) ascolta settimanalmente i podcast – in crescita rispetto al 22% del 2019.

Se parliamo d’età, notiamo che il picco di ascoltatori americani ha tra i 25 e i 34 anni: in questa fascia la percentuale di ascoltatori è del 28%. Segue la fascia tra i 35 e i 44 anni, con circa il 21%, e a ruota la fascia giovine, quella tra i 18 e i 34 anni (qui siamo al 18% della popolazione). Dopo i 45 anni, la percentuale tende ad abbassarsi al 16%.

Ancora, Il 49% degli ascolti dei podcast avviene a casa (in calo rispetto al 51% degli scorsi anni. Sarà per caso dovuto al fatto che quest’anno, anche gli Americani si sono beccati la loro dose di lockdown?), il 22% degli utenti, ascolta podcast mentre guida, l’11% al lavoro, il 4% sui mezzi pubblici e il 3% quando fa una passeggiata.

Gli utenti ascoltano una media di 7 diversi spettacoli a settimana, in aumento rispetto ai 5 del 2017. L’80%, poi, ascolta tutti oppure la maggior parte di ogni episodio, in calo rispetto all’86% del 2017.

Solo il 19% degli ascoltatori aumenta la velocità di riproduzione. Il che è una buona notizia, significa per lo meno che la puntata ci sta coinvolgendo abbastanza da non farci venire voglia di filarcela a gambe levate e a lasciare perdere il podcast.

Crediti immagine: https://musicoomph.com/podcast-statistics/

L’ascolto dei podcast in America tende a crescere con l’istruzione

I podcast attirano maggiormente le persone più ricche e istruite. In effetti, è del 45% in più di probabilità che un ascoltatore di podcast abbia una laurea e del 68% in più di una laurea. È anche molto più probabile che siano HNI (individui con un patrimonio netto elevato), con il 45% in più di probabilità di avere un reddito familiare netto di oltre $ 250.000, che è un quarto di milione di dollari, ogni anno.

Podcast di genere, No, thank you!

Il pubblico del podcasting è incredibilmente equilibrato. Quando si tratta di equilibrio di genere, il pubblico dei podcast è ben bilanciato: siamo intorno al 51% della popolazione maschile, contro il 49% della popolazione femminile.

Un incremento notevole, se pensiamo che solo l’anno scorso la percentuale era 44% contro 56% a favore degli uomini.


Per il momento ci fermiamo qui. A presto per un altro report a tutto podcast!