Nessun addebito per gli infedeli: ecco quali sono le disposizioni della legge in merito alle separazioni tra coniugi.
Quando si parla di separazioni, l’addebito rappresenta spesso l’obiettivo finale nei casi più conflittuali. Per il coniuge che viene riconosciuto come il responsabile della fine del matrimonio sono previste dure conseguenze in campo patrimoniale; mentre l’altro coniuge può tirare un respiro di sollievo ed evitare oneri economici che potrebbero avere una certa portata. A quanto pare, però, l’infedeltà non comporta necessariamente l’addebito per il partner che tradisce.
L’addebito, in una separazione giudiziale, consiste nell’attribuzione della responsabilità della fine del matrimonio a uno dei due coniugi. Il giudice, in questi casi, identifica colui o colei che ha violato i doveri matrimoniali rendendo la convivenza intollerabile e portando, di conseguenza, alla separazione. Un’idea diffusa è che ai coniugi infedeli venga riconosciuto automaticamente l’addebito. Eppure non è così scontato.
La Corte d’Appello di Venezia ha recentemente emanato una sentenza (la n.2487 del 14 luglio 2025) che ha ribadito quanto già stabilito dal diritto di famiglia italiano. L’infedeltà di uno dei due coniugi non è sufficiente per far scattare l’addebito della fine del matrimonio nei suoi confronti. Affinché ciò accada, sono necessarie prove concrete del tradimento.
In base alla normativa, il coniuge che richiede l’addebito deve dimostrare che il partner non ha rispettato uno dei doveri fondamentali del matrimonio. Questi ultimi sono elencati nell’art. 143 del Codice Civile: assistenza morale e materiale, collaborazione, coabitazione e fedeltà. Il tradimento, quindi, rappresenta una violazione che può essere testimoniata con messaggi, email, foto, video e così via.
Inoltre, è necessario provare che l’infedeltà del coniuge sia la “ragione unica od assorbente”, ossia la sola ed unica causa della crisi e impossibilità di convivenza. Il coniuge che è stato tradito deve dimostrare che il matrimonio era felice e sereno prima della violazione del partner. È importante, quindi, che il tradimento non sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In caso di assenza di prove, la richiesta di addebito viene respinta.
Al coniuge “infedele” che si difende dall’addebito spetta l’onere di dimostrare che la crisi matrimoniale è stata provocata da altri fattori e che il tradimento sia stato solamente l’apice di una relazione già guasta. Ricordiamo che, secondo la legge, il coniuge che viene riconosciuto come responsabile della fine del matrimonio (al quale, dunque, viene addebitata la separazione) perde il diritto di ricevere l’assegno di mantenimento anche se economicamente più debole del partner. Inoltre deve rinunciare ai diritti di erede nei confronti del coniuge qualora quest’ultimo dovesse venire a mancare prima del divorzio.
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