Il podcasting in numeri: l’Europa e l’estero

Covid-19, lockdown, pandemic fatigue… perché il 2020 è stato l’anno dei podcast?

Il 2020 è stato un anno batosta per tutti. L’emergenza coronavirus ha messo in crisi interi settori, non ultimo quello dell’intrattenimento e dello spettacolo. Infiniti gli eventi cancellati, rimandati, mandati in streaming. Tuttavia, per ogni concerto saltato, da qualche parte, nel mondo, è nato un nuovo podcaster.

I dati cantano chiaro: il 2020 è stato l’anno dei podcast. La Ipsos, una delle più importanti multinazionali di ricerche di mercato, ha pubblicato la sua digital audio survey focalizzata sui podcast in Italia e ha mostrato come, rispetto all’anno scorso, nel nostro Paese gli ascoltatori di podcast sono cresciuti del 4%. Vi sembra poco? Correte a dare un’occhiata qui!

Una vera e propria rivoluzione, come ben sanno i nostri fedeli lettori che non si sono persi i nostri articoli, in particolare questo, che deve molto anche ai recenti lockdown.

Abbiamo trascorso parecchio tempo a casa, noi come gli altri paesi europei e non. Come se non bastasse l’essere vittime di una pandemia globale, stiamo combattendo contro nemici invisibili, subdoli, che raccolgono la loro forza nel fatto che si nega la loro stessa esistenza. Un esempio tra tutti? La pandemic fatigue.

La pandemic fatigue – lo ha spiegato qui uno dei più importanti professori e medici italiani – è la risposta mentale alle situazioni associate alla pandemia che stiamo vivendo.

Le sensazioni siamo certi che le conoscete bene: noia, rabbia, paura, appiattimento emozionale, stanchezza fisica, difficoltà a mantenere la concentrazione e, soprattutto, affaticamento mentale.

Questo è dovuto principalmente perché, a differenza della prima ondata, nella quale avevamo accumulato risorse per rispondere allo stress, questa nuova ondata ci ritrova con le “pile scariche”, senza energia e motivazione – complice il fatto che non vediamo, per ora, la fine di questo tunnel.

Come combattere la pandemic fatigue? Con poche, semplici, ma importantissime mosse: ritagliandosi del tempo per fare ciò che ci piace di più, in compagnia e in solitudine.

Come ascoltare i nostri podcast preferiti, per esempio…

Chi ascolta maggiormente i podcast all’estero? And the winner is… South Corea!

Bando alle ciance, dopo la classifica del podcaster medio italiano, che potete leggere in questo articolo, è bene ricordarci che non siamo gli unici ascoltatori di podcast al mondo – anche se, minimo, siamo i più stilosi.

Nell’ultimo mese ci siamo piazzati comunque molto bene: siamo al sesto posto (sesto, ragazzi, pazzesco) dei maggiori ascoltatori di podcast a livello MON-DIA-LE, poco sotto gli Stati uniti, la Svezia, l’Irlanda, la Spagna, e la Corea del Sud.

Attualmente, i podcast attivi raggiungibili tramite Apple Podcast sono 1,5 milioni circa, mentre gli episodi sono poco più di 37 milioni.

Negli ultimi tre mesi sono stati aggiunti 280 mila podcast, di cui solo 3,7 mila nelle ultime 24 ore. Ogni mese vengono aggiunti circa 90 mila podcast mentre ne vengono rimossi 13 mila. Le lingue in cui si trovano podcast sono cento, anche se la maggior parte sono, come si potrebbe bene immaginare, in inglese.

Tuttavia, quando parliamo di piano internazionale, per avere dei dati indicativi, bisogna fare riferimento agli USA, vero punto di riferimento per il mondo podcast e luogo in cui si anticipano le tendenze che poi si diffondono altrove. La situazione qui è molto, molto interessante.

In America oltre il 75% della popolazione ha familiarità con il mondo dei podcast…. E dici poco?

I dati, negli States, parlano chiaro, anzi, chiarissimo. Ad avere una qualche familiarità con i podcast è circa il 75% della popolazione, in crescita rispetto al 70% del 2019. Il 55% (circa 155 milioni di persone), poi, ne ha ascoltato almeno uno – in crescita rispetto al 51% del 2019. Il 37% (circa 104 milioni) ha ascoltato almeno un podcast nell’ultimo mese – in crescita rispetto al 32% del 2019. Inoltre, il 24% (circa 68 milioni) ascolta settimanalmente i podcast – in crescita rispetto al 22% del 2019.

Se parliamo d’età, notiamo che il picco di ascoltatori americani ha tra i 25 e i 34 anni: in questa fascia la percentuale di ascoltatori è del 28%. Segue la fascia tra i 35 e i 44 anni, con circa il 21%, e a ruota la fascia giovine, quella tra i 18 e i 34 anni (qui siamo al 18% della popolazione). Dopo i 45 anni, la percentuale tende ad abbassarsi al 16%.

Ancora, Il 49% degli ascolti dei podcast avviene a casa (in calo rispetto al 51% degli scorsi anni. Sarà per caso dovuto al fatto che quest’anno, anche gli Americani si sono beccati la loro dose di lockdown?), il 22% degli utenti, ascolta podcast mentre guida, l’11% al lavoro, il 4% sui mezzi pubblici e il 3% quando fa una passeggiata.

Gli utenti ascoltano una media di 7 diversi spettacoli a settimana, in aumento rispetto ai 5 del 2017. L’80%, poi, ascolta tutti oppure la maggior parte di ogni episodio, in calo rispetto all’86% del 2017.

Solo il 19% degli ascoltatori aumenta la velocità di riproduzione. Il che è una buona notizia, significa per lo meno che la puntata ci sta coinvolgendo abbastanza da non farci venire voglia di filarcela a gambe levate e a lasciare perdere il podcast.

Crediti immagine: https://musicoomph.com/podcast-statistics/

L’ascolto dei podcast in America tende a crescere con l’istruzione

I podcast attirano maggiormente le persone più ricche e istruite. In effetti, è del 45% in più di probabilità che un ascoltatore di podcast abbia una laurea e del 68% in più di una laurea. È anche molto più probabile che siano HNI (individui con un patrimonio netto elevato), con il 45% in più di probabilità di avere un reddito familiare netto di oltre $ 250.000, che è un quarto di milione di dollari, ogni anno.

Podcast di genere, No, thank you!

Il pubblico del podcasting è incredibilmente equilibrato. Quando si tratta di equilibrio di genere, il pubblico dei podcast è ben bilanciato: siamo intorno al 51% della popolazione maschile, contro il 49% della popolazione femminile.

Un incremento notevole, se pensiamo che solo l’anno scorso la percentuale era 44% contro 56% a favore degli uomini.


Per il momento ci fermiamo qui. A presto per un altro report a tutto podcast!


Sostenibilità e Coronavirus: online il nuovo episodio di Sostenibilità for Beginners

Una stagione “particolare”

Da ormai due anni, il nostro podcast Sostenibilità for Beginners intrattiene i suoi ascoltatori facendo luce sulle tematiche più attuali legate allo sviluppo sostenibile. Oggi Sostenibilità for beginners è uno dei principali podcast italiani a trattare di tematiche green.

Vita “plastic free”, abbigliamento sostenibile, modi nuovi di leggere l’economia, la mobilità, i viaggi, gli acquisti… di settimana in settimana, Sostenibilità for Beginners ha analizzato e approfondito i temi al centro del dibattito contemporaneo, senza rinunciare a un tono frizzante e coinvolgente.

La seconda stagione della serie si è distinta per una produzione gestita quasi interamente in periodo di lockdown da Coronavirus. Un evento senza precedenti che ha in parte stravolto il piano editoriale: d’altronde se il podcasting riguarda il mondo dell’ascolto, fare podcast significa anche restare “in ascolto” della realtà contemporanea per permetterle di entrare nelle conversazioni e dialogare con i temi previsti.

È naturale quindi che le discussioni attorno all’emergenza siano andate a condizionare il trattamento dei temi al centro degli episodi: il tema dell’e-commerce, risorsa utilissima quanto forse anche abusata negli ultimi mesi; la tutela del patrimonio paesaggistico del Paese, dal mare alla montagna; la micromobilità, oggi più che mai il mezzo di trasporto ideale per conciliare sicurezza e basso impatto ambientale.

COVID-19 e ambiente, tutte le domande

L’ultimo episodio della seconda stagione è stato tra i più pregnanti e attuali della serie. Per questo episodio, il team di Sostenibilità for Beginners è andato a indagare il rapporto tra Coronavirus e ambiente, a partire da alcune domande sorte nell’ultimo periodo, come: l’inquinamento ha favorito il contagio? E le misure di quarantena hanno favorito una diminuzione dell’inquinamento dell’aria? E come influirà l’attuale situazione sullo sviluppo di alcuni settori che l’emergenza ha portato “nell’occhio del ciclone”, come cultura, edilizia e urbanizzazione?

I “beginners” in ascolto del podcast gratuito potranno apprendere diverse informazioni interessanti circa una situazione di emergenza inedita tutt’ora in corso e ogni giorno oggetto di discussione. Ad esempio la notizia che dei ricercatori della SIMA, Società Italiana di Medicina Ambientale, hanno ritrovato delle tracce di Coronavirus sulle particelle di particolato. Parrebbe quindi che le polveri sottili possano trasportare il virus anche su lunghe distanze. Da un lato, questa forma di inquinamento è dannosa per l’uomo, viste le sue dimensioni ridottissime, che le permettono di penetrare nei polmoni e nel sangue senza poter essere bloccate dal nostro organismo. Dall’altro lato, la dannosità del particolato atmosferico potrebbe addirittura aggravarsi perché suscettibile di trasportare il Covid-19.

Un’altra segnalazione fa sospettare che addirittura il propagarsi del virus potrebbe aver favorito esso stesso l’inquinamento, per certi versi. L’EPA, l’Agenzia di Protezione dell’Ambiente degli Stati Uniti, ha infatti pubblicato un nuovo regolamento di implementazione di alcune norme ambientali che consente, ove giustificato, di superare i limiti di inquinamento normalmente in vigore. Per giustificare un tale superamento, alle entità responsabili è sufficiente dimostrare che tale violazione sia avvenuta a causa delle condizioni straordinarie generate dall’emergenza del Coronavirus. 

Stefano Boeri, Enrico Iascone, Paola Dubini, Simone Molteni: gli ospiti speciali dell’ultimo episodio

L’episodio ha visto la partecipazione di ospiti d’eccellenza. Stefano Boeri, architetto e urbanista di fama internazionale nonché Presidente della Triennale di Milano, che ha fornito il suo punto di vista in merito a un’Italia da riprogettare, dalla ristrutturazione delle aree urbane, alla riqualificazione dei borghi, fino alla valorizzazione delle piazze e delle attività all’aperto.

Il discorso relativo al settore della progettazione edile è stato approfondito anche da Enrico Iascone, Amministratore Unico dello Studio MCA – Mario Cucinella Architects, studio specializzato in architettura sostenibile, che ha condiviso con noi uno sguardo sulla professione dell’architetto al tempo del Coronavirus e in generale di ciò che attende il suo settore dopo la fine dell’emergenza COVID-19.

Paola Dubini, docente di Management all’Università Bocconi di Milano, ha invece parlato delle prospettive del settore cultura nel contesto attuale. 

Infine, Simone Molteni, direttore scientifico di Lifegate, ci ha aiutato a tirare le fila dal punto di vista della sostenibilità di questo periodo ancora difficilmente decifrabile.

Un podcast “di colore verde”

Iniziata lunedì 16 marzo 2020, l’ultima stagione di Sostenibilità for beginners ha visto l’esordio di una nuova voce: ci ha fatto compagnia alla conduzione la freschezza di Giovanni Campo – un giovane come gli autori, che fa il producer televisivo – che come da format in ogni episodio si è confrontato con specialisti della sostenibilità, docenti universitari, CEO di importanti brand internazionali, blogger e professionisti di alto livello, per trovare risposta ad alcune tra le domande più comuni riguardanti l’ambiente.

Le interviste si sono alternate come sempre alle domande poste a persone comuni incrociate per strada (o rintracciate eccezionalmente a distanza, nel periodo di quarantena), per scoprire il punto di vista dell’”uomo medio” sui temi affrontati di volta in volta nelle puntate.

Il contributo di alcuni importanti esperti e la semplicità di linguaggio facilitano la comprensione di temi complessi a tutte le fasce di pubblico, offrendo spunti di riflessione sempre stimolanti. Con l’obiettivo di sensibilizzare gli ascoltatori all’idea di un mondo sempre più sostenibile… 

Lanciato nel 2019, il programma nasce da un’idea di Giacomo Marino Gallina – che all’epoca della nascita del format era studente di Sustainable Development all’Università degli Studi di Milano – che oggi ritroviamo come uno degli autori del format, insieme a Giuseppe Paternò Raddusa, Maria Triberti e Giacomo Zito, che produce la serie.

Dove ascoltare il podcast Sostenibilità for Beginners? Sulla pagina dedicata di Lifegate Radio, oltre che, come sempre, su gliascoltabili.it e su tutte le principali piattaforme di podcast.


Le radio libere degli anni 70 e i podcast: la libertà e la creatività ritornano, sempre

Radio libere e podcast, due mondi diversi? Forse no. La radio libera sconvolge i 70’s...

Fino a 50 anni fa pubblicare contenuti audio non era “roba da tutti”.

Innanzitutto, perché era molto diversa la fruizione, non esistevano i devices mobili su cui oggi ascoltiamo i contenuti che ci accompagnano quotidianamente, podcast, musica o webradio. Al di là di questo, è bene ricordare come non esistessero nemmeno le radio private, ma soltanto un’unica radio statale.

I privati non avevano né facoltà né tantomeno il permesso di trasmettere il proprio palinsesto, tanto che la legge stessa riservava solo allo Stato l’esercizio di radiodiffusione circolare.

Anche in Italia, in altre parole, gli unici canali consentiti, ad eccezione di poche esperienze locali, erano la radio pubblica Radio Rai, e la televisione pubblica, Rai TV.

Gli anni ‘70 sono stati forieri di novità in molteplici aspetti della società, smantellando convenzioni e abbattendo luoghi comuni. Come ogni status quo assopito che si rispetti, anche il mondo della radio, negli anni ’70, viene attraversato da una febbrile fame di novità. Nell’aria ancora carica dello spirito della contestazione giovanile, si avverte la voglia di staccarsi da “mamma Radio Rai”, che dettava regole, modalità, stile e contenuti in tutta Italia, con il suo approccio granitico e didascalico, per cercare qualcosa di diverso, per “creare” qualcosa di diverso.

La legge e il desiderio

Si sa, la storia insegna che laddove c’è abbondanza – se non eccesso – di regole, dettami, leggi che limitano la libertà d’espressione, cresce il desiderio. In questo caso, il desiderio di libertà porta a una vera rivoluzione. Le persone, lo vediamo anche ora con i podcast, hanno voglia di dire la loro, hanno voglia di storie da ascoltare, di dare informazioni, di parlare, di sentire voci diverse.

Il 1974 è l’anno di svolta: la Corte Costituzionale concede ai privati la facoltà di trasmettere, anche se solo via cavo, programmi in ambito locale, la prima storica sentenza contro il monopolio statale. Sdoganata la libertà d’espressione anche in ambito locale, ecco che l’ultima vittoria da ottenere è la trasmissione via etere. 


Altro aspetto che trova conferma sui libri di storia è che, per ottenere un diritto, nella maggior parte dei casi, occorre muoversi dal basso: proprio sull’onda di questa spinta rivoluzionaria, a metà degli anni ‘70 alcuni pionieri pensano bene di forzare la mano e di aprire radio private via etere, senza aspettare un pronunciamento dello Stato, nella speranza di ottenerne ben presto piena legittimazione.

Nascono così le radio libere, che vanno a riempire l’FM, la modulazione di frequenza, che fino a quel momento gli italiani praticamente non ascoltavano, focalizzati sull’AM (modulazione di ampiezza). Le radio libere vanno a occupare le frequenze FM superiori ai 100 MHz: la prima a iniziare le trasmissioni è Radio Parma, che inizia nel Dicembre 1974 sulla frequenza 102 MHz. 

L’FM ha il problema del range geografico: non c’è emittente in grado di coprire un’intera provincia. La radio diventa così locale, si rivolge a un pubblico di zona, apre all’interazione con il pubblico, ma trasforma i problemi in opportunità: ad esempio, dato il target ristretto, autori e speaker immaginano programmi disegnati su un pubblico specifico. Insomma, un laboratorio creativo straordinario, in qualche misura paragonabile a ciٍ che sta accadendo oggi con il podcasting. Non tutti, infatti, sappiamo ancora cos’è un podcast ma molti di noi sanno quanto in crescita sia il portato di questo fenomeno. 

Dalla radio libera al podcast

Le radio libere hanno vita breve, scoraggiate dai mille cavilli tecnici e burocratici inseriti dalle regolamentazioni successive al ‘74, ma instillano nella coscienza collettiva la necessità di ricercare uno spazio di espressione totalmente aperto, che non escluda voce alcuna, nessun linguaggio e nessun punto di vista. Dal 1976, le regole permettono la fioritura di queste realtà.

E oggi? Il significato del podcast, di cui tanto si parla, puٍò apparire come una diavoleria del 21esimo secolo, ma in realtà è profondamente imparentato con quell’epoca.


Facciamo un po’ di etimologia del termine, tanto per capire quando nasce: “podcast” vede la luce con la diffusione dei feed RSS, popolare per lo scambio di registrazioni audio su dispositivi elettronici. Compare per la prima volta nell’articolo Audible Revolution, pubblicato sul The Guardian e firmato da Ben Hammersley, e viene usata per definire il nuovo fenomeno di diffusione (cast) di file audio in formato MP3 disponibili su supporti portatili (pod) per la creazione di palinsesti digitali, per cui non era necessario passare dall’etere. Pensando alle radio libere, non vi viene un senso di deja-vu?


Con queste parole: “Come chiamarlo? Audioblogging? Podcasting? GuerillaMedia?” Hammersley definì per la prima volta, una rivoluzione nuova, dal sapore antico. Un nuovo modo di sfruttare le vie del non-etere, un nuovo approccio ai contenuti audio che assolve alla stessa necessità di base degli anni ’70: libertà di contenuti, varietà di scelta e estrema facilità di produzione.

Perché il podcast, oggi? L’era del self-entertainment

Capire come fare podcast è semplice e ve l’abbiamo già raccontato in altri articoli: basta una connessione Internet, un client e tanta voglia di raccontare. Si possono usare piattaforme gratuite di registrazione, editing, e pubblicazione e i contenuti prodotti possono essere online in pochissimo tempo e raggiungere chiunque. 

Con queste “radio libere 2.0” tutti possono essere podcasters e partecipare a questa nuova, grande rivoluzione dell’audio.

A quanto pare, la libertà che caratterizza il fenomeno del podcasting, simile a quella contagiosa carica rivoluzionaria degli anni ‘70, sta raggiungendo anche i millennials. Quei ragazzi che spesso tacciamo di essere totalmente refrattari all’informazione, forse sono solo alla ricerca di un medium con cui si possano sentire a proprio agio. Se fosse il podcast, flessibile, poco invasivo, che non occupa spazio sui devices ed è segnato da una mobilità radicale, a rinsaldare il legame tra le giovani generazioni e l’infotainment?

Approfondiremo il tema in un prossimo articolo.