Le figure del podcast: il Sound Designer

Sound design? Yes, please

Realizzare podcast di qualità, lo stiamo vedendo in queste settimane, richiede la collaborazione di figure professionali molto diverse. Abbiamo iniziato parlando qui dello speaker, l’artista della voce, e abbiamo poi speso due parole per la figura dell’autore, che potete leggere qui

Oggi puntiamo i riflettori su una terza figura che, diciamolo, è una di quelle che distinguono un podcast amatoriale da un prodotto qualitativamente rilevante: il sound designer.

Basta fare un giro sulle principali piattaforme podcast, su YouTube o su TikTok, per renderci conto della differenza!

Artista del suono, manipolatore dell’invisibile, il suo lavoro va ben oltre quello di trovare l’accompagnamento musicale al prodotto audiovisivo: è anzi una parte fondamentale, che ha la capacità di elevare il prodotto narrativo in quanto sua parte costituente.

Il sound design ha radici più antiche di quello che crediamo

C’era una volta il cinema. Sì, però era muto. In una puntata dell’ultima stagione de La mia storia (che trovate per intero qui) il non più giovane Frank Durand fa la conoscenza con due giovanissimi fratelli, Auguste e Louis Lumière. Nomi nuovi, eh?

Beh, fatto sta che nel 1895 i due fratelli abbiano girato un famoso cortometraggio, in bianco e nero, della durata di 55 secondi: L’arrivée d’un train. Il cortometraggio rappresentava sostanzialmente l’arrivo di un treno in stazione. Grazie alla grandissima profondità di campo, gli spettatori ebbero l’impressione che il treno “uscisse” dallo schermo, pronto a schiacciarli. La scena causò panico, tanto che gli ignari spettatori cominciarono a scappare.

Ora, figuratevi cosa sarebbe successo se i fratelli Lumière fossero stati in grado di aggiungere anche il suono! 

Dobbiamo aspettare il cinema sonoro per dare voce a quella che è una “nuova” categoria lavorativa: i rumoristi, ossia degli attori che, utilizzando la strumentazione che la produzione disponeva, aggiungevano effetti sonori “caserecci”, certo, ma d’effetto. 

Un imput? Guardate:

Già negli anni ’30, il cinema ha percepito la necessità di inserire i suoni all’interno delle pellicole. Nelle occasioni più importanti, c’era l’abitudine di accompagnare la proiezione del film con musica dal vivo, solitamente da un pianista o da un organista.

Nel 1925 la Warner Bros acquisì il Vitaphone, uno strumento che serviva per sincronizzare suoni e immagini: l’inizio di una nuova era. 

Per il passaggio del sonoro al digitale, invece, dobbiamo aspettare il 1966, anno in cui la Dolby propone la Dolby Digital, il sistema di codifica audio multicanale tra i più utilizzati ancora oggi per la riproduzione o trasmissione audio digitale.

Dal cinema, comunque, il sound design arriva a caratterizzare qualsiasi prodotto audiovisivo: che si tratti di cinema, teatro, radio, televisione, podcast, il risultato non cambia: una corretta scelta musicale rende il prodotto più valido rispetto alla concorrenza.

Il sound design nella produzione di podcast

Andiamo alla ciccia: a cosa serve il sound design nella realizzazione di podcast superfighi? Per rispondere a questa domanda siamo andati nei meandri dei nostri studi di registrazione, e abbiamo chiacchierato con i nostri Sound Designer

«Il sound design per il podcast serve per valorizzare dal punto di vista sonoro il racconto e le idee dell’autore. Si realizza innanzitutto cercando di comprendere quali sono i momenti chiave del racconto, con l’obiettivo di capire se trattarli con musiche o suoni specifici, o se risultino più efficaci in assenza di suono». 

Il silenzio – spesso ce lo si dimentica – è un’importante risorsa del sound design: a volte è più potente di qualsiasi altro effetto. 

La ricerca è altresì importante. Non basta fermarsi alla scelta delle musiche, ma bisogna comprendere profondamente quale sia il prodotto che si andrà a realizzare, per recuperare tutto un repertorio di suoni adatti a ricreare l’ambientazione narrata, per permettere all’ascoltatore di immedesimarsi nelle scene.

Un format come Demoni Urbani, ad esempio, deve moltissimo alle scelte del sound designer. Oltre alla scelta delle colonne sonore ideali, necessarie per creare la natura identitaria del format, bisogna prestare attenzione a tutti quei suoni che creino il mood, facciano aumentare la tensione e l’inquietudine nelle orecchie dell’ascoltatore. Un cancello che cigola, un rumore martellante, i passi leggeri di un individuo nascosto nell’ombra sono solo alcuni esempi.

Restando tra i nostri format, invece, per La Mia storia ci si concentrerà su rumori di ambiente, che diano l’idea della realtà che circonda il protagonista o i protagonisti al momento dell’ascolto, creando la cornice più adatta alla narrazione. 

Fare sound design: gli imprescindibili

Il Sound Design, lo abbiamo detto, è prerogativa di tutti, ma arte di pochi. Quali sono gli strumenti sine qua non della creazione del prodotto perfetto?

«Per fare questo mestiere è indispensabile conoscere i tool basilari per trattare e processare il suono, a partire dalla conoscenza dei programmi adeguati.

Si parte dall’avere una profonda dimestichezza di almeno una DAW, ossia dei Digital Audio Workstation, il primo degli indispensabili ferri del mestiere: Protools, Studio One, Logic, Cubase, Ableton sono degli esempi. 

Importantissimi i microfoni, che si utilizzano spesso con la tecnica “Foley”, che consiste nel registrare dei suoni presenti in natura, per inserirli poi nel contesto del podcast, oppure registrare suoni in natura che sono simili a quelli necessari. Un esempio divertente: se in una puntata di un podcast l’ambientazione del racconto è una barca in mezzo al mare, sarà difficile riuscire a registrare il suono “live”: possiamo ovviare a questa problematica utilizzando un microfono a contatto attaccato a una bottiglia d’acqua, e scuoterla leggermente: il risultato darà l’idea di stare solcando i sette mari.»

Ancora, il sound designer utilizza una serie di strumenti atti alla “pulizia del suono” che elimini tutte quelle tracce che possano disturbare l’ascoltatore, distorsioni, riverberi, eco spariscono attraverso l’utilizzo di equalizzatori, pitch shifter, software specifici (Izotope RX), delay

Ah, un’ultima cosa… non dimenticate le cuffie 😉

Più che in altri ambiti, “val più la pratica della grammatica”

Abbiamo illustrato quali siano le conoscenze prettamente tecniche necessarie per intraprendere questo tipo di mestiere, ma anche nel caso ci si voglia dilettare nel sound design. Come muoversi, però, se vogliamo che questa passione si trasformi, magari, in qualcosa di più? «Tutto il resto arriva con l’esperienza, con l’immaginazione, e soprattutto guardando come ottengono certi risultati i sound designer con una seniority maggiore. Chi già fa da anni questo lavoro è una enorme fonte di ispirazione: imparare l’ascolto, essere proattivi nell’inventare nuove tecniche o nel cercare persone che possano condividere il proprio sapere sono i passi successivi da intraprendere.

Conoscere perfettamente i tool, comunque, è la base per poter sperimentare: più la conoscenza dei tool di lavoro è profonda, più è possibile pensare di sperimentare e avere, magari, degli ottimi risultati. Un’esasperazione? Se conosci qualsiasi tool al 100% al giorno d’oggi, puoi fare qualsiasi cosa tu abbia in mente».


Le figure del podcast: l’autore

Scrivere podcast non è come scrivere un racconto… è meglio 😉

Come scrivere un podcast? Nelle scorse settimane abbiamo parlato del profilo dello speaker, la voce e spesso il volto che accompagna l’ascolto dei vostri podcast preferiti. Ci abbiamo dedicato un intero articolo, che non potete assolutamente perdervi, e che trovate qui

Se associate il lavoro dell’autore al ricordo ottocentesco dello scrittore chiuso nel suo stanzino polveroso, tra scaffali di libri e fogli sparsi dappertutto, ci avete preso solo sulla parte della polvere. Un po’ giornalista, un po’ sceneggiatore, un po’ molto narratore, la figura dell’autore è essenziale nella produzione dei podcast, e, come vedremo tra poco, scrive molto più di quello che possiate pensare.

La scrittura di podcast è diversa dalla scrittura di un articolo, di uno spot pubblicitario, di un racconto o di un romanzo. In un certo senso, però, è l’unione di tutte queste cose – se non di più. 

Storie, trame, intrecci: il pane quotidiano di un autore di podcast

Ogni mattina un autore si sveglia e sa che dovrà raccontare una storia

Che si tratti di una serie narrativa, di un talk, di un’intervista o ancora di un’inchiesta, ogni podcast nasce dal desiderio di coinvolgere il proprio pubblico utilizzando la sacra arte del racconto. 

Tutti i podcast de Gli Ascoltabili nascono sempre dalla stesura di un copione.

La sceneggiatura di un podcast, come è facile immaginare, è differente da quella di un film, o di uno spettacolo teatrale. Chi ha un po’ di dimestichezza con l’argomento, avrà presente di cosa parliamo: se il copione di un prodotto audiovisivo può avere al suo interno, oltre ai dialoghi, s’intende, delle indicazioni sommarie sulla gestualità degli attori e note relative all’ambiente in cui la scena si sta svolgendo – nel caso del cinema: interno/esterno, giorno/notte, eccetera –, un copione per un podcast narrativo prevede maggiori indicazioni che andranno ad arricchire il dialogo tra le tracce audio. Qualche esempio?

L’autore di un podcast narrativo dovrà scrivere il testo che lo speaker leggerà, dargli le indicazioni di senso e di intenzione, suggerire a chi di dovere i passaggi musicali e gli effetti sonori, confrontandosi con il sound designer e successivamente con i grafici per creare un prodotto completo, su tutti i fronti.

Immaginiamo uno dei nostri podcast preferiti, come ad esempio Demoni Urbani. Il nostro Francesco Migliaccio sta raccontando la storia di un dato massacro, e descrive il momento del delitto nei minimi dettagli. L’assassino è dietro alla porta, silenzioso… e a un certo punto.. ZAC! Prende la mannaia e fa a pezzi la sua vittima.

L’autore avrà scritto non solo le parole di Migliaccio, ma avrà dato indicazioni sul mood sonoro della scena, sul volume, sul punto preciso in cui inserire un brano o un effetto. Tutte indicazioni che il sound designer raccoglierà e interpreterà secondo la sua sensibilità ed esperienza.

Podcast talk, podcast narrativi, podcast divulgativi… a ogni format il suo autore

Va da sé che come per qualsiasi altro prodotto audiovisivo, ogni tipologia di podcast segue delle regole precise.

Abbiamo visto in breve che un podcast narrativo si fonda sulla stesura e lettura di un copione. In questo senso, è la tipologia di podcast che maggiormente si avvicina all’audiolibro (con le dovute differenze di cui abbiamo parlato qui e qui).

Un podcast narrativo dal copione avrà bisogno di un quantitativo più ampio di indicazioni, che riguardano, appunto, il parlato, l’intenzione, il ritmo, l’andamento della puntata. 

Un podcast talk, invece, data la sua natura che riprende il format dell’intervista, avrà una sorta di copione-canovaccio che detti il tempo all’host e agli speaker presenti. Ma per forza di cose, si affiderà anche all’improvvisazione.  Si tratta questa della forma di podcast probabilmente più “pura” e diffusa, quella che più ci riconduce al mondo radiofonico da cui questo medium nasce. Pensiamo anche solo ad alcuni tra i podcast più popolari del momento (o di sempre): titoli come The Joe Rogan Experience, TED Talks Daily, The Michelle Obama podcast… o in Italia, La Zanzara e Muschio Selvaggio, solo per citarne due. 

In questo tipo di podcast molto spesso autore e host coincidono: per farla breve, insomma, il podcast È l’autore. La buona riuscita di questo tipo di podcast dipende molto dal carisma dell’host/autore: non è detto che un bravo autore sia anche un bravo host, ma molto spesso la passione compensa la tecnica. 

Un podcast divulgativo, infine, richiederà un lavoro particolarmente ampio in una prima fase, quella della raccolta dati, confrontando gli argomenti che si andranno a trattare, evitando di incappare in fake news. Un esempio su tutti gli esempi? I podcast – bellissimi – di Alessandro Barbero, of course.

Scrivere per gli occhi non è come scrivere per la voce

Torniamo al podcast narrativo fondato su un copione. Una caratteristica fondamentale del mestiere di scrivere podcast riguarda la natura del prodotto. Stiamo parlando di un testo che andrà letto ad alta voce, e senza un supporto visivo: è un concetto che un autore deve tenere bene in mente, durante la scrittura.

Può sembrare banale, e forse scontato, ma provate a leggere ad alta voce, che so, una pagina del vostro libro preferito, oppure l’etichetta del detersivo per la lavastoviglie: un autore ha scritto entrambi i testi, eppure con intenti completamente diversi. 

Un autore di podcast deve evitare l’utilizzo di parole e locuzioni cacofoniche, le allitterazioni. L’ipotassi è quasi bandita, così come l’utilizzo di frasi troppo contorte, di cui non si coglie facilmente il soggetto.

Molto importante inoltre, specie se il podcast è particolarmente lungo, ricordarsi che l’ascoltatore non ha il copione sotto mano: ripetere i concetti fondamentali, a differenza di altri testi, non solo non fa male ma è di grande aiuto.

Mai come in questo caso, comunque, un copione impreciso si sente

Il confronto con altre figure è più importante di quanto non si pensi

I podcast si costruiscono in team: scrivere un podcast è un’attività meno solitaria di quello che si creda. 

A livello puramente strutturale, la scrittura di podcast è solitamente preceduta, come molte altre forme di scrittura, da un’ampia fase di documentazione, di cernita delle informazioni, di controllo e fact-checking: a prescindere dal format, la qualità del prodotto parte sempre dalla sua coerenza interna.

Dopo aver raccolto gli argomenti, è il momento di ordinarli, magari usando una scaletta, per avere in mente a grandi linee il discorso che si vorrà intraprendere. Solo successivamente, se è previsto un copione, inizia la scrittura vera e propria.


Futuri communication designer incontrano il podcast

Per il secondo anno il nostro corso di brand storytelling alla Naba è basato su progettare e realizzare un podcast

Il corso di giornalismo 2019/2020 del biennio specialistico di communication design dell’università NABA tenuto da Giacomo Zito e dal team de Gli Ascoltabili, è stato ancora una volta dedicato al podcast, come strumento di comunicazione poliedrico e innovativo. L’anno precedente il campo di indagine è stato lasciato aperto in ambito editoriale, liberando la fantasia degli studenti in progetti di podcast basati sullo storytelling. Quest’anno ci siamo spinti ben oltre, indagando il rapporto che si genera tra questo strumento emergente di comunicazione, il podcast, e le strategie di comunicazione d’impresa. Un constraint che certamente ha complicato le cose agli studenti del biennio specialistico, ma allo stesso tempo che ha rappresentato un laboratorio di ricerca di connessioni tra la strategia d’impresa espressa dai brand e le mille possibilità declinabili attraverso il branded podcast. Se poi consideriamo che le classi del corso universitario sono tre di cui una internazionale, il laboratorio ha assunto caratteri di particolare interesse non solo per il limitato scenario italiano, ma anche per quello di mercati emergenti con i quali le nostre imprese dovranno certamente confrontarsi anche in termini di comunicazione.

Il metodo di indagine parte, come sempre, dall’analisi del contesto di riferimento delle aziende, ottenuta attraverso l’immersione nelle loro realtà, la raccolta di documenti e fatti che hanno contribuito a costituire l’identità della marca e del prodotto/servizio. L’ordinamento di questi elementi narrativi, spesso apparentemente caotici, nel progredire delle aziende nel tempo, è il primo atto narrativo capace di determinare un senso che posizioni il brand nel proprio scenario. Da questa premessa, certamente teorica nella metodologia, ma immediatamente applicabile in qualsiasi situazione, è partito il lavoro di ricerca creativa e progettazione di un branded podcast.

Per i futuri communication designer il campo d’indagine è stato il rapporto tra podcast e brand

Per dei giovani studenti, armati di creatività ed entusiasmo, soprattutto in un challenge giocoso e coinvolgente come l’ideazione e la produzione di un branded podcast, munirsi di un solido impianto metodologico è stato certamente un passaggio difficile e per niente scontato. Il podcast è uno strumento che trova nell’engagement narrativo la propria ragione d’essere. E la connessione tra brand e storytelling avviene su un piano metaforico molto più alto di qualunque altro medium di comunicazione. Non stiamo infatti vendendo prodotti o servizi, bensì, grazie al branded podcast, riusciamo a tessere relazioni profonde e stabili con i pubblici di riferimento con i quali instauriamo rapporti di fiducia che rendono i nostri destinatari a loro volta narratori della nostra storia. Un concetto che, in ambito marketing, può essere assimilato alla condivisione dell’impianto valoriale del brand tanto da trasformare il cliente-utente in brand ambassador al tempo stesso. 

Spostandoci su un altro punto di vista, possiamo vedere il brand come vero e proprio publisher di contenuti di carattere generale, della cui produzione è legittimato in quanto “esperto della materia”. Il podcast, nella strategia di content publishing del brand è al centro del sistema di strumenti attivabili, per diverse ragioni: la crisi dell’articolo da leggere, che non ha più appeal in un universo di media digitali, la flessibilità e agilità dell’ascolto in una quotidianità che ci vede impegnati in diverse attività multitasking…

Nel corso che il team de Gli Ascoltabili ha tenuto sotto la guida di Giacomo Zito, è stata quindi data libertà totale nella scelta dei brand, a patto che la direzione della soluzione prescelta fosse pienamente in linea con lo studio dello stato di realtà e dei valori dello stesso. Indagine che risponde a un set di domande come: qual’è il contesto di riferimento? Quali sono i valori del prodotto-servizio del brand? Come si posiziona il brand nel mercato? Che tipo di impatto sociale  e di relazioni umane genera l’attività economica del brand? Eccetera, eccetera.

Tre classi di cui una internazionale hanno interpretato il genere “branded podcast” con originalità

Compreso che il podcast da progettare e produrre doveva rispondere a una serie stringente di requisiti, ovvero non essere solo fresco e creativamente originale, ma precisamente rispondente a un’ipotetica strategia di branding, gli studenti NABA si sono suddivisi in gruppi, con dei ruoli specifici a livello professionale, occupando tutti i ruoli necessari nella realizzazione di un podcast: dallo strategist, avente il compito di garantire obiettivi di comunciazione dell’Azienda, allo show runner, figura che ha la responsabilità di mantenere l’identità del format in tutte le sue sfumature, dall’art director con il compito di definire la visual identity del format, agli host che dovranno condurlo, fino al sound designer che ha il compito di calare in realtà suoni e musiche che contribuiscono a definire il prodotto. I brand prescelti sono stati di diversa natura: aziende italiane, internazionali, estere con presunti interessi a internazionalizzarsi nel nostro paese, appartenenti a differenti ambiti merceologici, dal food al furniture, dall’entertainment alla moda. Per esempio sono stati scelti brand come Moschino, Ikea, Decathlon, Mutti, Uniqlo, Fashion brand metropolitani, grossi gruppi di home luxury cinesi e piccole label di complementi per la casa. Carattere rilevante di tutti i gruppi, l’elaborazione di concept narrativi che non si rivolgessero esplicitamente al brand, ma ai suoi valori, elevati al rango di ispirazione per altrettante storie rivolte ai pubblici di riferimento, ben segmentati in un documento di progettazione che ha rappresentato l’elemento di valutazione del corso. L’esecuzione poi, è stato il momento di maggiore eccitazione per gli studenti, che si sono ritrovati a realizzare in concreto ciò che hanno ideato. Accolti negli studi de Gli Ascoltabili, i ragazzi della Naba si sono atteggiati a veri e propri producers, supportati dai nostri sound designers. E hanno realizzato la classica “pilota” da sottoporre all’azienda di riferimento – come peraltro avviene nella realtà quotidiana per la divisione “branded podcast” della nostra piattaforma.

L’eccitazione da parte dei giovani neoprofessionisti della comunicazione è stata altissima e una riprova l’avete nell’ascolto di tutte le pilota che Gli Ascoltabili hanno pubblicato in un cofanetto esclusivo dedicato a questo progetto universitario. Scoprirete idee, trattamenti, modalità di racconto nuove, fresche, originali. Molte di loro certamente troppo avanguardiste, ma comunque importanti per generare confronti e nuovi scenari. 

Per noi de Gliascoltabili un momento fondamentale di contaminazione con diverse sensibilità. Un rapporto win-win che ci ha fatto crescere insieme. Per le aziende, difficilmente i progetti arriveranno al tavolo dei brand che sono stati scelti. In fondo l’obiettivo è stato quello di far esercitare gli studenti in ipotesi di lavoro, ma chissà, in futuro sottoporremo questi progetti di ricerca alle varie aziende se non altro per avere un feedback sulla corretta interpretazione del loro posizionamento.

La presa di coscienza che il branded podcast è un nuovo decisivo strumento di comunicazione per le imprese

Un effetto nuovo, che non avremmo certamente sottoscritto all’inzio del corso universitario, è stato il constatare che anche se impostato sul brand, il lavoro di  progettare un podcast è stato ricco dal punto di vista editoriale, a dimostrazione che i contenuti e la marca, se relazionati con onestà intellettuale, trasparenza, e scopo sociale, possono perfettamente convivere insieme in un contesto armonico, nel quale per l’audience è pienamente percepita la differenza tra contenuto di qualità e interesse economico del brand e proprio per questa ragione accettata la proposizione di valore in termini di contenuti che il brand, quale attore sociale nel contesto, può esprimere aggiungendo conoscenza e senso all’interpretazione della realtà. Avviene pertanto uno spostamento di peso nel mondo dell’informazione e della narrazione: l’azienda diventa un soggetto pienamente legittimato a parlare di temi anche dirimenti, divisivi o in ultima istanza di tipo politico, laddove la politica non deve essere intesa come faziosità e perseguimento di interessi particolari, ma – nell’accezione più alta, progetto per il futuro della convivenza civile, progetto di un’idea di sé in rapporto agli altri. In fondo le aziende si confrontano con i mercati, che sono fatti di persone. Esse hanno la necessità di attivare un reciproco riconoscimento. In questo ci sembra che, con la crisi della politica militante, forse le imprese possono intestarsi ruoli sociali di soggetti capaci di interpretare la realtà e offrire, narrando, un senso condiviso. Vi auguriamo buon divertimento ascoltando tutte le pilota dei branded podcast degli studenti Naba, ai quali diamo appuntamento per il prossimo anno con un nuovo coinvolgente progetto formativo.