La differenza fondamentale tra accordo, conciliazione e ricatto. Sindacati e datori di lavoro nel mirino della giustizia.
Un conto è firmare un accordo di conciliazione, dietro magari i consigli dei sindacati che sulla carta vogliono il tuo bene, un’altra cosa è subire una sorta di ricatto per non perdere il posto di lavoro. Interviene la Corte di Cassazione.

Quando sei praticamente costretto a firmare un accordo perché altrimenti perdi il lavoro, non si tratta più di conciliazione ma di ricatto e minacce. Almeno è quello che ha sentenziato la Suprema Corte. E quando a spingerti a firmare sono quelli che dovrebbero difenderti – i sindacati – allora la faccenda si fa ancora più seria e mette un’altra volta in forte discussione l’operato dei sindacalisti. Ma la Corte di Cassazione non ci sta ed è intervenuta su una vicenda che ha visto come protagonista la città di Napoli.
Una vicenda durata più di 6 anni che vedeva di fronte Napoli Sociale e Napoli Servizi, due società partecipate del Comune di Napoli. Decine di lavoratori, al momento del trasferimento, furono costretti a firmare verbali di conciliazione che li obbligavano a rinunciare a diritti acquisiti e migliaia di euro di arretrati. Altrimenti avrebbero perso il lavoro.
Sindacati e lavoratori: conciliazione o ricatto? Interviene la legge
Secondo la Suprema Corte, quei verbali erano nulli, perché ottenuti senza consenso libero e informato, ma sotto pressione psicologica. Il messaggio ai lavoratori era chiaro: “O firmi, o sei fuori”

Funziona così quando si dovrebbe firmare un accordo tra sindacati, azienda e lavoratori? Evidentemente no, eppure i sindacalisti si sono pure risentiti, anche se non tutti. Alcuni hanno deciso di ironizzare sulla vittoria legale ottenuta da 40 lavoratori assistiti da avvocati indipendenti. In un volantino diffuso recentemente, hanno commentato sarcasticamente che “tutta questa storia è servita solo a far guadagnare qualche avvocato”. Un’offesa per chi ha lottato con tutte le forze per non perdere lavoro e dignità.
Le organizzazioni coinvolte – Filcams Cgil, Fiadel, Uil Trasporti, Sll, Ugl, Uap, Usb, Cisal – non solo spinsero i lavoratori a firmare gli accordi annullati dalla Cassazione, ma recentemente hanno promosso nuovi verbali di conciliazione: questa volta offrendo un passaggio contrattuale al 4° o 5° livello, in cambio della rinuncia a ogni arretrato. Il ‘premio’ per i lavoratori? Un buono pasto o buoni benzina da 350 euro una tantum, di fatto una nuova inspiegabile umiliazione. Napoli Servizi ha fatto ricorso in appello e poi in Cassazione, spendendo migliaia di euro di fondi pubblici.
Una vittoria per i lavoratori che non cancella anni di sofferenza, ma restituisce dignità. I lavoratori hanno vinto non grazie ai sindacati ma nonostante i sindacati.